Si può dare un calcio al pessimismo, al vittimismo, all’immobilismo, alla rassegnazione e perfino al catastrofismo. Nel nostro Paese e in particolare nel nostro territorio c’è qualcosa che funziona. E bene. Anzi, benissimo.
Qui c’è chi si rimbocca le maniche e si dà da fare per migliorare la propria e l’altrui condizione di vita. Senza aspettare che ci pensi lo Stato o chissà chi. L’esempio lo ha dato Cantù. La Bcc ha lanciato la proposta di una raccolta fondi per donare una nuova Tac all’ospedale. E a tempo di record è arrivato il gol. Merito - in una metafora calcistica cara al presidente Angelo Porro - del gioco di squadra!
La situazione di partenza non era facile. La vecchia Tac dell’ospedale Sant’Antonio abate, ormai obsoleta, soggetta a frequenti stop perché anche le macchine come le persone sentono il peso dell’età. Le sostanze dell’ospedale non contentivano di prevedere una rapida sostituzione e nella migliore delle ipotesi ci sarebbero voluti parecchi anni. Da qui l’intuizione di rivolgersi alla società locale, ai cittadini. In un periodo di difficoltà generali la risposta non poteva essere data per scontata.
Che cosa, dunque, ha fatto sì che Cantù vincesse questa partita con la disinvoltura dell’Inter del “triplete”? Gli ingredienti del successo sono tanti e vale la pena raccontarli. Il primo e più importante è la capacità della comunità canturina di fare squadra. Quante volta si ricorre a questa immagine tanto che alle volte appare come un vuoto slogan? Qui no. Fare squadra è stato un concetto tradotto nella realtà di tutti i giorni con le persone reali.
Come nel calcio anche nella squadra di Cantù c’è chi ha giocato nel ruolo di attaccante per fare gol e chi in difesa per salvare il risultato; chi si è distinto per le capacità e l’eleganza del gioco e chi ha dato il meglio con l’impegno e il sacrificio. La compatezza è stata decisiva. La coesione determinante.
Nel ruolo del regista la Bcc, Cassa rurale di Cantù, che ha raccolto una esigenza reale e sentita della comunità: avere un ospedale all’altezza e un’assistenza sanitaria moderna. Si è dimostrato anche in questo caso che le Bcc, gli istituti di credito del territorio, hanno una marcia in più e si caratterizzano come banche locali legate alle persone e alle famiglie, non alla finanza. La loro forza e il loro valore stanno nei rapporti diretti con i cittadini e le aziende della comunità e non con i derivati delle Caiman o i futures di Singapore.
Da qui discende la credibilità della Bcc. Da ciò si nutre la fiducia della gente. La Cassa rurale di Cantù, che conta oltre ottomila soci, ha concretamente operato per la qualità della sanità locale: in pochi anni ha donato apparecchiature per oltre un milione di euro.
Per questo l’appello del presidente Porro, lanciato nella serata dell’assemblea dell’8 maggio, a metà giugno aveva già raggiunto il suo scopo. Oltre mille cittadini hanno donato 80mila euro, cinquemila oltre la cifra richiesta. La banca ha moltiplicato la somma e l’ha integrata donando fondi propri per arrivare alla cifra di 235mila euro.
Oltre alla Bcc, ai suoidipendenti, ai suoi correntisti e ai suoi soci; oltre ai cittadini che generosamente hanno donato; nella squadra dobbiamo inserire anche la Fondazione Comasca, ieri rappresentata dal presidente Giacomo Castiglioni. Ecco, la Fondazione: una realtà che promuove iniziative concrete e fa da moltiplicatore delle forze delle comunità locali. L’abbiamo e forse non ci rendiamo conto del valore e dell’importanza del suo ruolo.
La nuova Tac, la prima in Italia di questo genere, rappresenta un risultato importante. Ancora di più se vediamo in questo sogno realizzato un modello per tutte le comunità: insieme si vince.
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