Salute
Venerdì 10 Settembre 2010
L'abitudine al fumo
è scritta nel DNA
Alcune persone sono geneticamente più portate a fumare: colpa di una variante genetica che aumenta il rischio poi di ammalarsi di cancro. Ecco le 3 conseguenze pratiche della scoperta, frutto della ricerca condotta dalla Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei Tumori e finanziata dall'AIRC.
Ora, però, i ricercatori della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, diretti da Tommaso Dragani, hanno identificato un gene, il CHRNA5, responsabile della maggiore predisposizione all'abitudine al fumo di sigaretta e collegato al rischio di cancro polmonare.
Sono i risultati di un lavoro tutto italiano, finanziato da AIRC, appena pubblicato sul prestigioso giornale scientifico JNCI (Journal of the National Cancer Institute) che porta a compimento il lavoro iniziato da studi condotti in migliaia di individui da grossi consorzi internazionali negli anni scorsi. Una scoperta utile anche per quei fumatori che vorrebbero smettere perché adesso i ricercatori hanno un nuovo «bersaglio» da colpire con farmaci mirati contro il responsabile genetico della dipendenza da nicotina, ma anche con la messa a punto di supporti psicologici più intensi.
«Con questa ricerca su JNCI abbiamo, finalmente, identificato il gene coinvolto, il CHRNA5, e il meccanismo molecolare responsabile dell'attitudine alla nicotina. In sostanza, abbiamo scoperto che varianti presenti nel DNA degli individui a più elevato rischio sia di cancro polmonare che di abitudine al fumo causano una riduzione dei livelli del prodotto di questo gene» chiarisce Stefania Falvella, prima autrice del lavoro.
«Finora - spiega Tommaso Dragani - era stata individuata un'ampia regione del cromosoma 15 contenente sei geni associata all'abitudine al fumo di sigaretta, al rischio di cancro polmonare e di malattie vascolari I ricercatori non erano però riusciti a individuare il singolo gene coinvolto, né a capire il motivo per cui alcuni individui hanno una maggiore predisposizione a fumare sigarette rispetto ad altri».
Confrontando il DNA dei forti fumatori con quello dei non fumatori e il DNA di persone sane con quello di persone con un carcinoma polmonare o con malattie vascolari, gli studi precedenti avevano, infatti, permesso di individuare in modo chiaro e inequivocabile l'esistenza di un preciso legame fra il genoma e i comportamenti nei confronti del tabacco. L'anno scorso, poi, il gruppo dell'Istituto Tumori di Milano, sulla rivista Clinical Cancer Research, aveva sia confermato ed esteso i dati dell'associazione tra la regione del cromosoma 15 e il rischio di tumore polmonare anche nella casistica italiana, sia dimostrato che due dei geni localizzati in questa regione (CHRNA3 e CHRNA5) erano associati anche ad alterazioni dei livelli quantitativi di espressione nel tessuto tumorale polmonare rispetto al tessuto normale.
Ma quali sono le conseguenze pratiche di questa scoperta? «Potrebbero esserci fin da subito tre ricadute concrete – conclude Dragani -. Innanzi tutto attraverso l'analisi del DNA, possibile anche a partire da una goccia di sangue o da un po' di saliva, possiamo individuare le persone con una predisposizione genetica alla dipendenza da nicotina. Inoltre, i fumatori con la variante genetica di rischio potrebbero avere maggiori difficoltà a smettere e, per garantire loro una maggiore percentuale di successo, potrebbero seguire dei percorsi terapeutici e psicologici personalizzati (più intensi e accurati). Infine potrebbero essere disegnati dei nuovi farmaci, diretti specificamente contro il gene CHRNA5, da destinare solo alle persone selezionate con test genetico».
«Lo studio pubblicato da JNCI – commenta Marco Pierotti, Direttore Scientifico della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori – rappresenta un importante approdo dell'attività di ricerca più che ventennale di Tommaso Dragani riguardante la predisposizione ai tumori polmonari. Si tratta di un'ulteriore, significativo contributo che, a fianco delle campagne e dei provvedimenti legislativi contro il fumo, consente di affinare ulteriormente l'efficacia del contrasto al tabagismo».
«Questo ottimo risultato dimostra quanto la ricerca di AIRC sia concreta e abbia ricadute importanti sulla vita della collettività” sottolinea Maria Ines Colnaghi, direttore scientifico dell'Associazione Italiana per la ricerca sul cancro “Lo studio dei geni si traduce in prevenzione primaria, strumento principe per ridurre l'insorgenza e lo sviluppo del cancro».
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