Lambrone,Renzi premia
l’orgoglio di Erba

Con buona pace del proverbio anche l’Erba (sì con la maiuscola) del lontano può essere più verde. Figuriamoci poi se questo è lo sgargiante colore del centro sportivo del Lambrone di Erba (sempre con la maiuscola). Talmente luminoso da abbagliare perfino Matteo Renzi.

In un episodio di “Don Camillo monsignore ma non troppo”, mentre il sacerdote creato da Guareschi sta giocando a carte in maniera animata, il suo segretario lo trova sentendolo da lontano. Non perché quest’ultimo abbia buon orecchio, bensì per la voce tonante del personaggio interpretato da Fernandel. La metafora calza a pennello per il Lambrone, la cui qualità è talmente elevata da farsi notare fino a Roma, palazzo Chigi. Che il governo scelga come esempio un’opera realizzata in un Comune di circa 16mila abitanti non è proprio una cosa che succede tutti i giorni.

Fanno bene perciò gli erbesi a gonfiarsi il petto.

Poi, anche se la faccenda si presta a qualche facile ironia, bisogna sottolineare come un governo di centrosinistra abbia premiato un’amministrazione di segno opposto, guidata da un sindaco di Forza Italia, Marcella Tili.

Una sorta di patto del Nazareno in miniatura ma certo meno effimero di quello più ridondante. Perché dietro al successo del centro sportivo erbese (vale la pena di farci una capatina), c’è tutta la concretezza tipica della migliore Brianza. Viva il campanile se produce questi risultati.

Il Lambrone, infatti, è stato indicato agli enti locali come esempio virtuoso di collaborazione tra pubblico e privato. Certo, si potrebbe dire che in questo modo il governo si è cavato le castagne dal fuoco: visto che ormai il flusso di trasferimenti da Roma alla periferia è stato pressoché invertito (soprattutto per quanto riguarda il Nord), ecco che la presidenza del Consiglio vi indica la via, poi fate voi.

Ma questa non è una colpa di Erba. Anzi, al contrario è un merito. Perché riuscire a garantire servizi di qualità ai cittadini nelle condizioni di cassa in cui si trovano i municipi è quasi un miracolo.

Il nuovo Lambrone è stato possibile grazie all’intervento dei privati che hanno finanziato l’85 per cento dell’ingente somma necessaria (11 milioni) in cambio della gestione della struttura per i prossimi trent’anni. Qualche nostalgico della vecchia economia pianificata storcerà il naso, ma i tempi sono questi. L’alternativa ai privati sarebbe probabilmente stata il nulla, sia pure pianificato, eh.

Del resto, i sindaci e gli amministratori locali ,di questi tempi devono arrangiarsi. Ed è giusto premiare coloro che ce la fanno.

Pochi giorni fa, il primo cittadino di un Comune della provincia di Como certo non dei più poveri, confessava che per realizzare un’opera pubblica poteva solo contare sulla Fondazione Cariplo. E si rammaricava, giustamente, di come anche su queste istituzioni si sia abbattuto un fisco che spesso sa essere vorace con i virtuosi e tollerante con gli evasori. Cose all’italiana. Per fortuna però c’è anche un’Italia, anzi una Brianza, che riesce a dare il meglio di sé nelle difficoltà. Se deve essere esempio per gli enti locali, però, il modello Erba lo sia anche per i livelli amministrativi più elevati. Perché è comodo applaudire e stare a guardare. Se il virtuosismo fosse applicato su vasta scala, il cerchio perverso del più tasse per pagare sprechi e spese non giustificate potrebbe essere spezzato con facilità.

Ma questo non riguarda Erba e gli erbesi che la loro parte l’hanno fatta si godono il loro meritato Lambrone.

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@angelini_f

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