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Giovedì 23 Aprile 2009
«Como è zona sismica
Ora abbiamo le prove»
Faglia fotografata dai geologi dell’Insubria in un cantiere in Borgo Vico
«Sul Lario possibili terremoti come quello dell’Aquila, ma molto più rari»
Lo studio è condotto da un’équipe coordinata da Alessandro Maria Michetti, professore associato di Geologia dell’ateneo comasco dal 2000 e responsabile, dal 1999, della sottocommissione sulla paleosismicità dell’Inqua, ente internazionale di ricerca sull’era quaternaria. Collaborano con lui altri tre ricercatori - Andrea Berlusconi, Franz Livio e Giancanio Sileo - che oggi alle 14, al chiostro di Sant’Abbondio, presenteranno i risultati parziali dell’indagine che stanno conducendo sul suolo abruzzese, ferito dal terremoto. All’Aquila ci sono andati proprio per raccogliere dati da raffrontare con le ricerche che stanno conducendo sull’area lariana, e più in generale insubrica, nell’ambito di un progetto svolto per conto della Protezione civile e finalizzato a inquadrare la reale sismicità di un’area finora catalogata in fascia 4, cioè a basso rischio.
Il cantiere dell’ex Subalpina si è rivelato una grande opportunità per studiare da vicino la faglia comasca, che passa al margine della Spina Verde, e si spinge fino a Varese. O meglio, una delle due faglie che interessano la nostra provincia, perché un’altra struttura tettonica è stata da tempo individuata ai piedi della fascia prealpina tra Como e Lecco, ed è nota come l’anticlinale di Albese con Cassano. «Studiare queste conformazioni è spesso problematico - sottolinea Michetti - perché gli scavi sono molto costosi e in molte aree è impossibile farli, dal momento che sono abitate». I lavori in corso in via Borgo Vico, dunque, si sono rivelati una grande opportunità per i ricercatori, cui l’impresa ha consentito il libero accesso all’area. «Lo scavo - sottolinea Michetti - ha messo in luce la zona di faglia, tirandone fuori delle sezioni».
«Qualcuno - continua Michetti - diceva che la faglia di Como si fosse disattivata 10 milioni di anni fa. Ma noi abbiamo rilevato segni di attività sismica molto più recente». Che non vuol dire di ieri o di un mese fa, perché i riferimenti temporali dei geologi sono molto più dilatati: «Diecimila anni è il tempo che viene preso in considerazione per valutare la pericolosità sismica di una faglia». E diecimila anni è proprio l’età stimata delle argille tagliate da quella che passa vicino a Villa Olmo.
Nel paragone tra la situazione abruzzese e l’area comasca, Michetti si spinge a dire che «in tutta la fascia sudalpina, da Brescia a Varese passando per Como, è possibile che si scateni un terremoto simile a quello dell’Aquila». Difficile, però, dire se e quando potrà eventualmente verificarsi. «Nell’Appennino si registra un evento grave in media ogni 500 anni, ma sulle Alpi la deformazione, da 2-3 milioni di anni in qua, è molto più lenta. La frequenza è calcolata sui dati storici e geologici: le fonti medievali riportano due terremoti che si avvertirono in maniera significativa nella nostra zona, quello del 117 con ipocentro a Verona e quello del 25 gennaio 1222, che partì da Brescia e avrebbe procurato una lesione al campanile della basilica di San Fedele». In mancanza di previsioni attendibili, «si può soltanto fare prevenzione - rimarca Michetti - retrofittando gli edifici antichi, cioè rinforzandoli in modo da resistere a eventuali scosse, e costruendo quelli nuovi nel rispetto delle norme antisimiche».
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