È passata quasi inosservata la notizia che ha per oggetto il riassetto che porterà la Pirelli a far parte della nuova holding controllata dal gruppo cinese China National Chemical Corporation, detta anche ChemChina. Si tratta di una complessa operazione che, dopo il rituale benestare dell’Antitrust, si concluderà con l’uscita della Pirelli dalla Borsa italiana.
Dovrebbe trattarsi di una uscita provvisoria ritenuta necessaria per realizzare una ristrutturazione che prevede il rientro in Borsa per il segmento dei pneumatici di auto e moto (esclusi, quindi, quelli di camion e macchine da lavoro). Piaccia o meno, la globalizzazione è anche questa. Il governo ha accolto con tripudio questa notizia da cui si evincerebbe la ritrovata capacità del nostro paese di attrarre i capitali stranieri. Di contro, l’opinione pubblica non sembra affatto entusiasta dell’operazione visto che, negli ultimi decenni, sono numerosi i marchi italiani che sono stati ceduti a gruppi stranieri. Giusto per rinfrescare la memoria, eccone un breve florilegio. Gelati Motta: il marchio appartiene alla svizzera Nestlè che possiede anche i marchi Buitoni, Maggi, Kit Kat, Smarties, Polo, Galak, Orzoro, Baci Perugina; Plasmon: oggi fa parte del gruppo Heinz; Simmenthal: oggi fa parte della Kraft; Bertolli, Sasso e Carapelli: oggi fanno parte della Deoleo Spagna; Gelati Eldorado e Algida: oggi fanno parte del colosso anglo-olandese Unilever che ha anche il marchio Knorr; Stock 84: oggi appartiene ad un gruppo americano, la Oaktree; Birra Peroni e Nastro Azzurro: questi brand appartengono oggi alla Sab Miller (la birra Moretti, invece, all’Heineken); China Martini: oggi fa parte del gruppo Bacardi; Lavatrici Ignis: oggi appartengono alla Whirpool. Per tacere del gruppo Valentino e di tanti altri marchi che hanno salutato l’Italia per sempre. Se questa è la globalizzazione, allora dovremo farcene una ragione evitando di abbandonare il nostro paese alle scorrerie delle grandi multinazionali, siano esse americane, asiatiche o europee. In quest’ottica, il governo farebbe bene a non esultare troppo davanti a certe acquisizioni straniere che denotano la profonda fragilità del nostro apparato industriale che sta pagando a caro prezzo la carenza di investimenti e di innovazioni verificatasi dagli anni Ottanta in poi. Se il governo intende ridare forza e credibilità al paese, deve puntare al rafforzamento delle aziende italiane utilizzando il “quantitative easing” per una incisiva ricapitalizzazione volta a rilanciarne la competitività. Per questo, occorre guardare con ammirazione a quelle aziende che, in questi anni, hanno continuato a credere nel nostro paese malgrado l’assoluta latitanza dei pubblici poteri. Pensiamo al Gruppo Cinzano che possiede i marchi Cynar, Cinzano, Biancosarti e Aperol; al Gruppo Montenegro che possiede la Vecchia Romagna; alla Pernigotti che ha acquisito l’Amaro Averna; per tacere di altri marchi celebri come Lavazza, Barilla, Fernet Branca, Bialetti e Marzotto. Sono questi i veri eroi di un paese che stenta tuttora a capire che il profitto rappresenta il motore del capitalismo. Purtroppo, come diceva Bertold Brecht, “sventurata è la terra che ha bisogno di eroi”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA