Le finte riforme
e la neve da spalare

Le parole servono a comunicare, ma anche a cambiare la realtà». Lo afferma Gianrico Carofiglio nel suo esemplare saggio “La manomissione delle parole” e non si può non dargli ragione. Prendiamo “riforma”, termine che ha goduto di grande significato politico negli anni Cinquanta e che in seguito ha comunque indicato tutta quella serie di cambiamenti normativi volti a riformare, vale a dire a modificare profondamente, un aspetto della vita pubblica.

Ma dagli anni Novanta, con l’avvento della telecrazia berlusconiana il significato di “riforma” è stato via via svilito, e il termine usato soltanto per enfatizzare provvedimenti di dubbia efficacia e utilità, se non addirittura per giustificare norme ad personam. Dopo Berlusconi, Renzi ha continuato nel solco di questo svilimento, sino a definire “riforma” pure la cancellazione delle Province. Sappiamo come è andata a finire: le Province non sono state affatto cancellate ma trasformate in un mostro burocratico senza capo né coda, in perenne conflitto di competenze con Regioni e Comuni e senza il becco di un quattrino. Un ente doppiamente inutile rispetto a quello che si voleva abolire.

Così le Province faticano a garantire servizi di primaria importanza (come la manutenzione delle scuole e il trasporto pubblico) e le conseguenze si ripercuotono sull’ ”utilizzatore finale”, l’inerme cittadino fantozziano.

L’altro giorno l’Amministrazione provinciale di Como ha comunicato di non avere più un soldo per i “servizi di viabilità invernale”. Cioè per la salatura delle strade e lo sgombero della neve. Ha specificato che la decisione è stata provocata dalla romana Legge di Stabilità (ironia della sorte), e ha consigliato a noi tutti, cito testualmente, di «usare la massima prudenza durante la circolazione nei giorni in cui si verificheranno precipitazioni a carattere nevoso e nei periodi in cui la temperatura sarà inferiore a 0°».

A parte lo sgradevole tono da asilo Mariuccia («Roma non mi dà i soldi, io non ti pulisco le strade, cicca bumba»), qui il problema non sta tanto nella neve, nel bilancio, nelle competenze, delle quali al cittadino importa fino a un certo punto. L’aspetto inaccettabile è che un ente pubblico, cui spetta l’onere di fornire un servizio – essenziale per vaste aree del nostro territorio, per quanto legato all’eventualità di nevicate – si lavi completamente le mani e scarichi le conseguenze sul suo “datore di lavoro”, sui cittadini che contribuiscono (quasi tutti) al funzionamento della macchina statale attraverso il pagamento di imposte e tasse. Gli stessi cittadini che tra parentesi la stessa Provincia obbliga a dotarsi di catene o pneumatici da neve. Troppo facile.

È vero, a monte la responsabilità è delle false “riforme” con cui ci si riempie la bocca da Firenze a Roma. Ma a valle, se non si riesce a garantire un servizio che si ha il dovere di erogare, non si può scaricare il problema dicendo «Signori, arrangiatevi». Per capirlo sarebbe bastato il buon senso. C’è invece voluto l’intervento del prefetto Bruno Corda per richiamare l’ente alle sue responsabilità e per dimostrare che lo Stato non è sempre assente,come si dice.

Ora, in qualche maniera gli amministratori provinciali dovranno rimediare. Possono guardare in alto e sperare nel bel tempo, oppure trovare i soldi mettendo in vendita qualche proprietà.

Se proprio volessero dare un segnale forte, potrebbero ricorrere al desueto ma sempre valido istituto delle dimissioni.

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@maurobutti

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