Inter –Sampdoria di sabato sera ha offerto uno di quegli spettacoli calcistici che preferiremmo non vedere mai: nervi a fior di pelle, scontri fisici ben al di là del regolamento, comportamenti assurdi dell'allenatore dell'Inter Mourinho che mima davanti alle telecamere la necessità di ammanettare l'arbitro Tagliavento. Il vero torto di quest'ultimo è di non aver spezzato sul nascere la spirale della violenza sanzionando adeguatamente un fallo in contemporanea di Stankovic e Cordoba su un doriano. Ma fin qui siamo nella fisiologicità malato del calcio italiano. La vera follia sta invece nel servizio del Tg3 Lombardia di domenica 21 (ore 14), a firma Enzo Creti. Creti ha confezionato un pezzo che avalla in toto le reazioni interiste e finisce per dare ulteriore fiato alle intemperanze della curva. Ritengo che il servizio pubblico televisivo non possa amplificare le intemperanze di nessuno ma al contrario debba contribuire a sdrammatizzare e a svelenire. Evidentemente la sua nota “fede” nerazzurra, nella circostanza, ha fatto velo persino alle evidenze mostrate dalla moviola.
Cesare Chiericati
Non c'è stato chi, al termine di Inter-Sampdoria e rivisto il filmato della partita, non abbia dato ragione all'arbitro Tagliavento. Ma l'Inter soffre di vittimismo storico, vede congiure, complotti e attentati in ogni episodio, dubita della lealtà di qualunque arbitro, della correttezza di qualsiasi dirigente avversario, delle ragioni (almeno di qualche ragione) degli altri club. Mourinho sta esaltando questa caratteristica genetica della società: dispone della squadra più forte, ma anziché crearle attorno - come potrebbe e dovrebbe - un alone di simpatia, fa di tutto per renderla detestabile. Il gesto delle manette all'indirizzo di Tagliavento è da squalifica morale a vita. Invece di protestare per le decisioni rivelatesi giuste del direttore di gara, Moratti dovrebbe farsi risarcire da un tecnico che sta mandando in campo da settimane una formazione male allestita e dal pessimo gioco. Quanto al giornalismo sportivo schierato, è anch'esso un difetto di storica tradizione: tutti ricordiamo che cosa fosse il vecchio “Novantesimo minuto” televisivo, ne erano “star” cronisti che per nulla tranne che per il microfono in mano si differenziavano dagli ultras del tifo locale. Il servizio pubblico è sempre stato indulgente verso le intemperanze private. E temo che continuerà a farlo: nello sport, dove vige la licenza di sguaiata parzialità, e in altri settori, dove con maggiore astuzia si pratica la medesima partigianeria.
Max Lodi
© RIPRODUZIONE RISERVATA