Giovanni Vanetti
La motivazione è la più urgente e indifferibile che ci sia: il premio a chi ha assicurato la sopravvivenza del governo. A quei gruppetti e manipoli e drappelli che contano ciascuno pochi parlamentari e che tutti insieme garantiscono al centrodestra il numero di voti sufficiente a non farsi battere in Parlamento. Andreotti diceva: meglio tirare a campare che tirare le cuoia. Berlusconi sottoscrive e dà pragmatica esecuzione al suggerimento. Prima di Berlusconi altri si sono comportati alla stessa maniera. Chissà se cambierà qualcosa dopo di Berlusconi. L'esperienza ne fa dubitare. L'esperienza insegna che il senso dello Stato è inversamente proporzionale al senso del partito. La fresca nomina di Saverio Romano a ministro delle politiche agricole è lì a confermarlo. Romano, leader dei transfughi siciliani dell'Udc, ha ottenuto la titolarità del dicastero in cambio dei voti (solo due voti, e tuttavia preziosi) utili al premier per ingrossare il fronte parlamentare nelle questioni che gl'importano. Tale era l'urgenza di poter disporre di questo appoggio, che non si è aspettata - pur di fruirne subito - la chiusura della vicenda giudiziaria riguardante il neo ministro, e non ci si è curati delle obiezioni mosse dal presidente della Repubblica. È vero che la presunzione d'innocenza vale per tutti e che in passato il non averne tenuto conto ha causato errori gravi, ma è altrettanto vero che qualche giorno d'attesa sulla cooptazione di Romano sarebbe risultato sufficiente a sgombrare il campo da qualunque imbarazzo. Ma la politica, quando la necessità preme, non s'imbarazza di fronte a nulla. La politica va dritta per la sua strada, e affronta le curve più pericolose. Perché talvolta sono inevitabili, se si vogliono evitare i burroni.
Max Lodi
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