Lecco-Milano: tre ore sul treno
e i vigilantes non ci sono

Il reportage Viaggio notturno sulle ferrovie lecchesi al centro di sempre più numerosi episodi di violenza. Il timore dei pendolari: «C’è gente strana, ci si guarda con sospetto, si sta lontani invece che sedersi vicini»

Viaggiare per tre ore di sera sui treni che collegano Lecco e Milano e incontrare soltanto un unico controllore e nessun addetto alla vigilanza.

È questo il risultato di una serata passata tre le stazioni e i vagoni in cui troppo spesso negli ultimi mesi sono avvenuti gravi fatti di cronaca e di violenza. Sono le 20 di sera e raggiungiamo la stazione di Lecco per salire sul treno regionale diretto a Milano Centrale.

C’è ancora un bel movimento, insieme a noi ci sono altre venti persone che attendono il treno. Nei pressi del binario 1 notiamo la presenza di un agente della Polizia. Dal sottopasso rimbombano delle voci, è una coppia di ragazzi che sta litigando. Hanno bottiglie di birra in mano, un aspetto trasandato, sembrano essere in uno stato alterato e all’improvviso attraversano anche i binari senza prestare troppa attenzione.

«Gente strana»

Un uomo delle Ferrovie li guarda e scuote la testa, dice che è tutto il pomeriggio che girano per la stazione. Una signora sulla cinquantina si affretta a salire sul treno, da vent’anni fa la pendolare tra Lecco e la Brianza, viaggiando spesso di sera, ma ultimamente ha iniziato ad avere paura: «Ho sempre amato viaggiare in treno, ma da qualche tempo se ne vedono di tutti i colori. C’è gente strana, ci si guarda con sospetto, si sta lontani invece che sedersi vicini. Si cerca di stare attenti, magari di parlare al cellulare durante il viaggio o di trovare qualcuno con cui chiacchierare. Non c’è stupore quando poi si legge sui giornali quel che succede».

Saliamo a bordo mentre due uomini della vigilanza di Trenord, riconoscibili dalla pettorina, scendono da un altro convoglio per poi raggiungere l’uscita della stazione di Lecco. Probabilmente hanno finito il turno; per tutto il resto della serata non ne incontreremo altri.

Sul nostro treno ci sono una cinquantina di persone dai 16 ai 50 anni, sparpagliati nella decina di vagoni che compongono il convoglio. Sembra esserci la tendenza naturale a sedersi, se non vicini, almeno nelle vicinanze. Un passeggero su due sembra avere origini straniere. Tanti, tra cui molte donne, viaggiano da soli. Tutti hanno lo sguardo sempre chino sul cellulare.

Lo si alza soltanto per vedere in che stazione si sta arrivando o quando qualcuno dall’aspetto vagamente sospetto sfila accanto. Il viaggio procede tranquillo, si segnalano al massimo un paio di ragazzi con la voce un po’ troppo alta. Il controllore passa una prima volta appena partiti da Lecco e una seconda subito dopo la fermata di Monza, l’unica in programma, ammonendo anche chi mette i piedi sui sedili.

Tutti hanno il biglietto

Tutti sembrano avere il biglietto. Durante la serata viaggeremo su altri tre treni prima di far ritorno a Lecco attorno alle 23, ma non incontreremo più alcun altro controllore. Qualcuno di Trenord, a condizione dell’anonimato, prova a darci una spiegazione: «C’è in giro tanta gentaglia e spesso, soprattutto alla sera, ci si imbatte in situazioni difficili, magari con persone alterate o con atteggiamenti strafottenti o minacciosi. Il regolamento impone che in queste situazioni si debba far intervenire la polizia. Io lo faccio, non posso rispondere per gli altri».

Il messaggio è chiaro: c’è chi fa scrupolosamente il proprio dovere di controllore, vigilando anche a proprio rischio sulla sicurezza a bordo treno e chi non vuole guai e preferisce invece non ritrovarsi, magari a tarda sera, in certe situazioni. «Viaggiamo sempre da soli», è la conferma del controllore.

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