La Lega Nord e il suo Alberto da Giussano con Como hanno un legame lungo oltre trent’anni. Umberto Bossi appese i primi volantini del suo movimento tra Como e Varese e il primordiale simbolo lumbard (quando ancora era Unolpa), accantonato nel giro di pochissimo, era una lucia.
La prima sede improvvisata era in via Negretti, ed era la casa di Elvio Conti, commerciante di imballaggi, primo tessitore dei contatti tra Bossi e i comaschi (su tutti Gianfranco Miglio) e tra i primi a scrivere su ponti e muri in rigoroso verde padano. Di strade e sedi i comaschi ne hanno cambiate diverse, passando da via Boldoni prima e da via Rezia, quella delle grandi bandiere e delle prime sezioni, poi.
Era il 1989 e, su precisa richiesta del Senatùr, oltre al telefono venne installato il fax. Diversi calendari dopo, i vessilli del Carroccio iniziarono a sventolare in viale Masia, prima di essere trasferiti in via Garibaldi.
E sono ancora lì, al secondo piano del condominio giallo. Negli stessi locali ha sede anche la sezione di Como, città dove storicamente i lumbard non hanno mai sfondato come in altre zone della provincia.
E adesso il Carroccio, dopo aver attraversato crisi pensantissime al suo interno tra scandali e polemiche, si ritrova ad essere tra i partiti più vecchi in città e in tutto il Paese. E si ritrova a dover fare i conti alla fine del mese e a vedere il suo storico quartier generale di via Bellerio, per il quale anche comaschi contribuirono ad acquistare i mattoni, per la maggior parte dismesso e con i dipendenti a un passo dalla cassa integrazione. Effetti della crisi economica da un lato, che non ha risparmiato nessuno, e dell’addio ai finanziamenti pubblici ai partiti dall’altro.
Il tutto con il paradosso che se i numeri del consenso leghista galoppano nei sondaggi, la rappresentanza a tutti i livelli si è ridotta. Nel giro di un’elezione i parlamentari sono scesi da tre a uno, è rimasto un consigliere regionale, ma sono spariti il presidente della Provincia, sindaci e consiglieri in grossi Comuni. Che volevano dire bandierine nei palazzi del potere, ma anche soldi nelle casse del partito.
Ma la crisi della politica in termini finanziari non sta risparmiando nessuno.
Non è un caso che, in città, il Pdl chiuse i locali in via Regina e Forza Italia (che conta oggi solo su un consigliere regionale) ha un piccolo spazio in via Recchi. Il Pd (due parlamentari e un consigliere regionale), nei vari passaggi e cambi di nomi, ha ceduto già da anni la storica sede di via Ciceri, dove ormai è quasi pronto un condominio nuovo di zecca, per trasferirsi in via Regina. Il Movimento 5 Stelle di sedi non ne ha mai aperte preferendo la piazza vituale.
Più siti internet, Twitter e Facebook e meno sedi fisiche è ormai lo slogan che sta alla base anche di tutti gli altri partiti.
Con buona pace dei mattoni di via Bellerio e delle bandiere arrotolate in via Garibaldi.
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