Come era prevedibile, la sentenza che ha confermato la condanna di Silvio Berlusconi per frode fiscale sta mettendo a dura prova l’equilibrio sul quale si reggono le larghe intese. Pd e Pdl scoprono ogni giorno di più quanto è difficile restare alleati avendo idee opposte su quale debba essere la sorte di Berlusconi.
L’intransigenza di Epifani ha fatto nuovamente scricchiolare la maggioranza. Nella sua intervista al Corriere ha detto chiaro e tondo che non sono immaginabili salvacondotti per il leader del Pdl. In altre parole,
Berlusconi dovrebbe rassegnarsi a scontare la pena e decadere da senatore. L’unica via di uscita immaginabile è quella del ’’passo indietro’’ che il segretario del Pd prospetta al Cavaliere: invito che il Pdl considera alla stregua della pistola che si offre al colpevole per togliersi la vita prima dell’arresto. C’è da chiedersi fino a che punto Epifani voglia spingersi. Nell’intervista il segretario democratico dice chiaramente che il Pd intende salvare il principio che la legge è uguale per tutti anche a costo di sacrificare le larghe intese. È la prima volta che il leader democratico evoca la fine del governo Letta. Può essere che si tratti di una mossa a uso interno, per prevenire fratture irreparabili con chi considera ormai superata l’alleanza con Berlusconi. Il Pdl propende per un’altra interpretazione: il vero obiettivo di Epifani sarebbe quello di provocare Palazzo Grazioli, spingendo Berlusconi a staccare la spina a Letta per poi addossargli la responsabilità di aver consegnato l’Italia all’instabilità e alla speculazione. Se anche fosse così, resta il fatto che il Pdl non ha alcun interesse a mettere in crisi Letta. I supporter di Berlusconi sospettano che il Pd possa trovare un accordo con i grillini per un nuovo governo e per cambiare la legge elettorale. Per ora la strategia del Pdl punta a drammatizzare la condanna del leader e a rilanciare su una radicale riforma della giustizia, nella speranza che nel frattempo Napolitano trovi il modo di garantire a Berlusconi la libertà personale e la possibilità di a fare politica. Questo clima di sospetti non fa certo bene al governo. Finora Letta ha evitato contraccolpi parlamentari, ma qualche segnale di allerta comincia a essere registrato. Qualche emendamento e ordine del giorno passato con il parere contrario del governo (ci sono stati tre casi di questo tipo negli ultimi tre giorni), hanno creato qualche nervosismo. Altri segnali, come il rinvio della legge sul finanziamento dei partiti, stanno a indicare che i soci di maggioranza si sentono vincolati a votare compatti solo i provvedimenti economici ma non gli altri. Come se non bastasse Letta deve guardarsi dalla sfida di Renzi. Il sindaco di Firenze gli garantisce pieno appoggio “anche fino al 2018” ma solo se il governo sarà in grado di prendere provvedimenti efficaci. E in più gli intima di non usarlo come alibi se non riesce ad andare avanti. C’è attesa per la direzione di oggi dove andrà in scena il duello tra il premier e il rottamatore. Il primo atto di una competizione che terrà banco fino al congresso del partito, che i renziani reclamano a gran voce entro la fine dell’anno. Anche questo rischia di essere un altro elemento di instabilità che non renderà facile il cammino del governo.
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