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Lunedì 27 Aprile 2009
Levin e Stickmen Trio
Una lezione di basso a Milano
Mercoledì 29 il bassista del prog in concerto al Blue Note
Stamane (lunedì) a Milano, in conferenza stampa, Levin, Mastelotto e Berner parleranno di passato e futuro. L’irresistibile miscela ritmica e armonica di rock funkeggiante, progressive, avanguardia e jazz, con Tony anche cantante, è il risultato e allo stesso tempo l’ennesimo punto di partenza e destino di una vena creativa brulicante, di una la ricerca impegnata ma con un risultato tutt’altro che difficile. Chiunque può apprezzarli; dai rockettari, ai jazzofili, a chiunque ami muovere bacino, mani e piedi in turbini irresistibili. Ascoltare per credere. Tecnologico e contemporaneo, ma sempre caldo e pregnante, il suono di Stick Man, l’ultimo album. In pratica, una proiezione artistica di ciò che umanamente Tony è: sconfinato talento e al tempo stesso umanità, bontà e simpatia. Quasi sessantatreenne, un look inconfondibile che ne rende difficile carpirne l’età, un fratello tastierista, Pete, con il quale spesso suona assieme, Tony, nativo di Boston, Massachussetts, è fotografo provetto e adora viaggiare; da anni riporta ciò che visita, sente e scopre attraverso scatti e scritti su libri e nel suo sito. Molto amante dell’Italia, per noi Levin è un vero eroe, in grado di salvare prestazioni poco convincenti del capobanda cui è “al servizio”. Gli appassionati sanno di come fosse già apprezzato session man già prima di Peter Gabriel e dei King Crimson, gli artisti ai quali è immediatamente associato. I titoli più famosi sono Welcome To My Nightmare di Alice Cooper e Berlin di Lou Reed, in cui Levin divide i compiti bassistici con Jack Bruce. Chi lo sceglie sa bene che non disporrà di un semplice comprimario ma di un vero creativo che condivide, spesso migliorandolo, ciò che la star di turno intende offrire. È disponibile, Tony, con i piedi per terra come solo i grandi artisti sanno essere. «Che ti aspettavi? Jet privati e limousine?», memorabile l’incontro in treno, lungo l’Italia, anni fa, con un fan di rock progressivo. Ha sostituito Roger Waters per A Momentary Lapse of Reason dei Pink Floyd e Chris Squire negli Yes - noti in quegli anni (1989) con il moniker di Anderson Bruford Wakeman Howe. Persino il melodico Claudio Baglioni lo ha voluto con sé per Oltre, uno dei suoi album più interessanti. Il primo disco a suo nome è World Diary, cui seguono Waters Of Eden, Pieces Of The Sun, il bel live Double Espresso (in cui Levin, anche coautore, canta in italiano L’abito della sposa, canzone da Macramè di Ivano Fossati. Seguono Resonator e, appunto, Stick Man, dove suona con Pat e Michael. Degni di nota anche gli Spin One Two, supergruppo in cui si diletta in classici del rock, Bruford Levin Upper Extremities con l’amico di sempre Bill Bruford, il California Guitar Trio e il Liquid Tension Experiment con i metallari John Petrucci e Mike Portnoy dei Dream Theater, umanizzando un suono altrimenti volto solo a freddi tecnicismi.
Talento e buon carattere lo mettono sempre a suo agio tra persone, circostanze e colleghi. La lista della gente con cui ha suonato è interminabile: John Lennon, Paul Simon, Tom Waits, Peter Frampton, le dive Cher, Natalie Cole e Ute Lemper, i chitarristi Phil Manzanera e Steve Hackett, la jam band Gov’t Mule, gli italiani Fiorella Mannoia, Eros Ramazzotti, Vasco Rossi, la cantautrice toscana Susanna Parigi. Anche il californiano Pat Mastelotto si è fatto le ossa con varie celebrità, per poi assurgere a idolo Fm rock e Aor negli anni Ottanta con i Mr Mister e dai Novanta a oggi ad artista avant garde con i King Crimson. Michael Bernier, polistrumentista newyorkese, è allievo di Levin e ha all’attivo l’album Solo Fugue in cui suona batteria, violino, basso, chitarra, percussioni e, ovviamente, stick. Il suono di questo trio è davvero eclettico e spazia tra più generi. Saprà stupire.
Alessandro Casellato
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