Sono rimasto esterrefatto assistendo alla puntata di martedì sera di Ballarò. Mi riferisco all'atteggiamemto di Massimo D'Alema che ha duramente apostrofato il vicedirettore del Giornale dicendogli di andare a farsi fottere e dandogli del bugiardo e del mascalzone. Un uomo politico della sua statura che si lascia prendere da un simile sfogo e da un linguaggio così volgare appare davvero sorprendente: se anche D'Alema, che gode fama d'essere uno dei più prestigiosi politici espressi dal Paese, scende a un livello del genere, che cosa mai possiamo sperare di buono nel futuro?
Giovanni Vanetti
D'Alema ha perso la testa per qualche istante. Per più di qualche istante. E l'ha persa di fronte all'incalzare d'argomentazioni e di domande che non poteva, proprio essendo un politico di lungo corso, non prevedere. A Ballarò si discuteva della vicenda del ministro Scajola, cioè d'una casa da questi comprata grazie a un beneficio sostanzioso e non ufficialmente dichiarato d'una persona attualmente sotto indagine. Anni fa D'Alema fu messo alla berlina perché abitava in un appartamento a equo canone. Nulla d'illecito, ma di vantaggioso sì. Tant'è vero che egli ritenne opportuno, per sopire le polemiche, traslocare. Fu un gesto apprezzabile, che gli venne riconosciuto proprio dal Giornale. L'altra sera il suo vicedirettore ha ricordato quella storia, imputando a D'Alema il fatto che, se non fosse scoppiata Affittopoli, lui non si sarebbe mai sognato di fare ciò che fece: un passo (un lungo passo) indietro. E D'Alema se n'è adombrato, protestando per l'improprio accostamento del caso Scajola al suo. E' vero che storie sono completamente diversi, ma era probabile che durante il dibattito se ne sarebbe parlato. Ergo: D'Alema avrebbe fatto meglio a evitare di partecipare a Ballarò. Non perché avesse qualcosa da nascondere, ma perché il ripescaggio della sua storia avrebbe potuto nascondere qualche contorno della storia di Scajola. Un errore politico. Del quale l'ex premier e ministro degli Esteri, e attuale presidente del comitato di controllo sui servizi di sicurezza oltre che primaria e riconosciuta autorità del Pd, s'è accorto scusandosene nel prosieguo della trasmissione. Ma le scuse in certe occasioni servono solo a rimarcare la visosità dello sbaglio. E lo sbaglio è stato d'inveire contro un giornalista proprio nel giorno in cui il presidente del Consiglio aveva dichiarato che in Italia c'è fin troppa libertà di stampa. Messo sott'accusa dal Pd, a Berlusconi non è parso vero di trovare soccorso in D'Alema. Ma che partita è quella in cui si segna solo su autorete?
Max Lodi
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