Rileggetevi Socrate (V secolo a.C.). Diceva: «Un demagogo arringa le masse non per un reale convincimento della sua anima, ma questo vile ruffiano si prostituisce alle moltitudini; il suo discorso non nasce da un vero convincimento della sua anima, ma é prodotto con astuzia per adulare i cittadini. Nel loro sostegno egli cerca il proprio vantaggio e dirà qualunque cosa, per quanto infame o malvagia pur di aumentare il suo prestigio ai loro occhi. In altre parole, il politico é il peggiore degli schiavi». Gli risposero: «Cosa dobbiamo pensare quando un uomo non vuole seguire i suoi pari, ma condurli?». Socrate rispose: «Mi deludete; cosa dobbiamo credere che abbia precedenza? L'uomo o la legge? Mettere un uomo sopra la legge é negarne l'esistenza stessa, perché se una legge non é applicabile a tutti gli uomini, non é applicabile a nessuno».
Oscar Breviario
Caro Breviario, il suo cognome mi riporta alla mente i tre volumi che Luigi Rusca, inventore della "Medusa" mondadoriana e del giallo italiano, curò negli anni Sessanta, raccogliendo per ogni giorno dell'anno lo scritto di un pensatore.
Per il 10 di agosto, nel suo "Breviario dei laici", volume terzo, si legge: «Il crudele di questa epoca è proprio questa negazione della verità come tale, questo disprezzo della verità come valore: questo spirito di menzogna, che è il segno più vero del demoniaco di una parte importante del nostro mondo. Ci sono dei momenti che proprio non riesco a respirare, tanto è soffocante questa atroce atmosfera di menzogne, questa violazione della santa verginità delle parole, che ci opprime».
Lo scrisse, nel 1958, il filosofo e giurista di Sulmona Giuseppe Capogrossi, uomo pervaso da intensa spiritualità e senso del dovere. I grandi venditori di fumo, di cui è imbevuta un'epoca in cui il contenitore oscura il contenuto, basano sulla parola la loro truffa intellettuale, il loro millantato credito, proprio come dice Socrate nel passo da lei citato. Ormai, forse solo Cappuccetto Rosso potrebbe credere a ciò che vanno cianciando i politicanti italiani, abituati da decenni ad «agire per sé» e le loro generazioni successive e non certo per la comunità, per saziare la quale basta contare, come scriverebbe Camilleri, «la mezza messa» e neppure cantata. Ma l'italiano, per sua natura, «non vuole pensieri», così consegna il Paese per voto a una classe politica trafficona e inetta, salvo criticarla quando la misura si colma, ma in fondo prestandosi a lusinghe, affari e affarucci, benefici e favori, marchio di fabbrica di chi ci governa. Con la giustizia che sempre più spesso imita le tre scimmiette, in un gioco delle parti specchio fedele dell'imbarbarimento dell'Ital8ia senza briglie.
Mario Chiodetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA