L’aggressione a Berlusconi è arrivata al termine di un anno orribile per il Premier: a maggio il divorzio chiesto dalla moglie Veronica Lario, a giugno una performance non brillantissima del Popolo delle Libertà alle elezioni Europee, a ottobre la bocciatura del Lodo Alfano per l’immunità giudiziaria per le alte cariche dello Stato; a questo sommiamo le accuse di contatti con la mafia, la sentenza di condanna per Mondadori con risarcimento record a favore del gruppo editoriale di De Benedetti e le uscite verbali di Gianfranco Fini che pare prendere una strada autonoma anche se per il momento resta all’interno del Pdl.
Ricevere una miniatura del Duomo (la raffigurazione può anche avere un valore simbolico, se chi l’avesse scelta non fosse un pazzo: duomo= Milano= città simbolo del berlusconismo) è senz’altro un’altra tappa del declino. Se Berlusconi si saprà risollevare, starà a lui dimostralo, ovvio che non sarà facile.
Per favore però, rivolgo un appello dall’esito prevedibilmente inutile ai magistrati: l’attentatore non esca di scena con un foglio di infermità mentale e una lettera di scuse. Una condanna, immediata ed esemplare, è il minimo che si possa pretendere da una magistratura che si definisca giusta; in fondo, per aver gabbato (agendo da solo) la scorta del presidente e uno stuolo di sostenitori berlusconiani che lo circondavano, tanto scemo non doveva essere, questo aggressore.
Roberto Colombo
Nessuno ha mai detto di Massimo Tartaglia che sia "scemo": si è però chiarito fin dall’inizio che si tratta di un soggetto psicolabile, in cura da 10 anni per problemi mentali al Policlinico di Milano. E questo è un fatto che non può essere disatteso da nessuno, tanto meno dai giudici che dovranno giudicarlo. Vero è che lo stesso Berlusconi, forse commosso dalla telefonata di un padre così dignitoso nella sua disperazione, ha subito perdonato il suo attentatore. Ci si potrebbe semmai chiedere, come qualcuno ha fatto, se non ci sia dietro a Tartaglia una mente che ne ha armato la mano, ma allo stato si tratta di pura dietrologia, perché le indagini non hanno suffragato in alcun modo questo dubbio. Lo stesso dicasi per la psicolabile che ha cercato di aggredire papa Ratzinger: dovranno essere entrambi giudicati con tutte le attenuanti che la nostra civiltà giuridica riconosce ai soggetti deboli. E guai se così non fosse. Checché se ne dica, almeno finché in questo Paese non vigerà la sharìa, non possiamo lapidarli.
Pier Angelo Marengo
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