Cara provincia
Giovedì 02 Luglio 2009
L’italianità vecchio male del nostro Paese
Siamo figli d’uno Stato che è unitario da appena centocinquant’anni
Secondo El Pais, un primo ministro, se troppo chiacchierato, andrebbe messo su un aereo e spedito in esilio. Ma questo non è un metodo da paese delle banane? Si rende conto El Pais che ci suggerisce di copiare l’Honduras di questi giorni? Che Dio ci salvi da simile stampa. E smettiamola di fare i provincialotti e temere le opinioni della stampa estera. Io sono orgogliosa di essere italiana, e di appartenere a quella gente che in sessant’anni ha saputo trasformare il proprio paese da contadino a membro del G8. Suvvia, tiriamo fuori un po’ d’orgoglio, mandiamo a quel paese chi vuole darci lezioni di vita in continuazione.
Irene Camagni
Il primo argomento, un presidente del Consiglio chiacchierato. Il problema non è questo, ma quello dello stile di vita ch’egli deve darsi, sapendo che un uomo pubblico lo è sempre, e che le sue privatezze non possono ambire a essere considerate tali. Se poi alcune di esse hanno contribuito a raggiungere un successo elettorale, non si può pretendere che altre rimangano estranee al giudizio popolare e politico. Ma sin qui siamo nel campo d’una valutazione sulla congruità o meno di certi comportamenti: positiva o negativa che sia, non ne deriva la conseguenza finale d’un invito al ritiro. Semmai al prudente ritiro di qualche pericoloso invito. Le dimissioni del premier sono un passo eventualmente successivo, da chiedere e dare solo in presenza di violazioni di legge accertate o di accertamenti di così grave portata che le prefigurino. Proprio gli stranieri che ci criticano fanno così a casa loro.
Il secondo argomento, l’orgoglio nazionale. Ne siamo normalmente sprovvisti perché figli d’uno Stato che è unitario da appena centocinquant’anni, d’una tradizione millenaria di torri municipali fieramente avverse l’una all’altra, d’una presenza ecclesiastica unificante che ha supplito per secoli all’assenza d’una politica unificatrice, infine d’un individualismo che confligge per genìa naturale con il senso comunitario necessario a formare l’amor di patria. Tutto ciò non ci ha impedito di compiere gesta memorabili, di sacrificare nel nome dell’Italia vite umane, di raccogliere successi in tutto il mondo. Ma s’è sempre trattato d’imprese estemporanee, di conquiste personali, di singoli eroismi magari moltiplicati per un considerevole numero d’eroi. Sappiamo dar valore a tante particolari italianità, ma restiamo incapaci di fare dell’italianità un valore in generale. Prendercela con gli altri serve a poco: sarebbe meglio che ce la prendessimo con noi stessi. Ma temo che forse servirebbe ancor meno.
Max Lodi
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