Cara provincia
Venerdì 10 Aprile 2009
L’ospedale di Dio e la grande forza degli abruzzesi
Il popolo abruzzese sta offrendo una prova di sofferta rassegnazione, di tenace speranza, di riservata dignità
In un ospedale Dio sicuramente c’è; in una chiesa non c’è proprio da giurarci. Offende codesta soverchia attenzione per i monumenti artistici, chiese comprese, dell’Aquila, mentre del locale ospedale quasi si parla con imbarazzo. Di architetti, pittori, affrescatori, scultori, stuccatori, ecc., anche se impegnati – a sentir loro – per Sua maggior gloria, Dio se ne frega: Lui preferisce, in ospedale, stare accanto agli ammalati, e diventa quindi di particolare Passione codesto Venerdì Santo 2009 per i fedeli abruzzesi, costretti a subire, oltre i morti, i feriti, e gl’infiniti disagi provocati dal sisma, lo schiaffo umiliante di un ospedale dove, neppure lì, in un letto di dolore, si può giacere tranquilli a ricevere le cure che abbisognano.
Gianfranco Mortoni
Lo schiaffo civile, politico, etico è un altro. E’ aver costruito, non più di tre decenni fa, un ospedale che o è stato fabbricato male o, per fabbricarlo, si sono adoperati materiali e metodi pessimi. Si può capire che un terremoto sbricioli case vecchie di secoli e di nessuna consistenza antisismica, non si può ammettere che vada giù un edificio che dovrebbe star su più e meglio di tutti gli altri. Pagherà qualcuno per questa sciagurata insipienza? E’ difficile immaginarlo, in un Paese dove c’è sempre un tempo successivo all’attualità per la resa dei conti. Quando si è voluto far bene, e in Friuli e nell’Irpinia (soprattutto nel Friuli) se n’è avuta dimostrazione, i risultati efficaci e duraturi non sono mancati. Incomprensibile è come si scopra che manchino dove i pericoli non erano inferiori ad altre zone ad elevato rischio. Non mi azzardo, caro Mortoni, a ipotizzare dove Dio ci sia e dove no. Il mio modesto senso religioso mi fa ritenere che manifesti la sua presenza tutte le volte che ne avvertiamo la necessità. E in qualche altra, e per il mezzo di forme o segnali diversi, ce ne ricorda l’esistenza, caso mai l’avessimo dimenticata. Di sicuro non dimenticheremo la prova di sofferta rassegnazione, di tenace speranza, di riservata dignità venuta dal popolo abruzzese. Non dimenticheremo neppure la sorpresa per una tragedia che - al di là dell’allarme lanciato da un singolo esperto - non poteva non ritenersi annunciata, e che proprio in ragione della prevedibilità dell’evento sismico ha fatto un numero di vittime spropositato. Oltre che nelle chiese e negli ospedali, è auspicabile che in futuro il soffio divino penetri anche nelle stanze delle decisioni politiche, convincendole a un’efficiente prevenzione: farsi pregare prima d’un terremoto è meglio che pregare (e basta) dopo.
Max Lodi
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