I voti in libera uscita li aveva inventati Giulio Andreotti nelle elezioni del 1972, quando una parte di consensi della Dc era finita al Msi. Per l’allora presidente del Consiglio fu facile pronosticare un rapido rientro nel pancione della Balena Bianca.
Oltre quarant’anni dopo ci si interroga sul futuro di un altro bel pacchetto di voti migrati da destra verso sinistra alle elezioni comunali del 2012 che videro il trionfo di Mario Lucini e della coalizione di centrosinistra dopo un ventennio di egemonia del centrodestra a palazzo Cernezzi. Si comprese subito che l’attuale sindaco aveva ricevuto un potente soccorso da ex elettori del campo avverso, delusi (ed è un eufemismo) dall’ultimo mandato della giunta Bruni che ne aveva combinate più di Carlo in Francia: dal muro nel cantiere del lungolago, aalla Ticosa abbattuta e poi rimasta lì, alle continue liti e polemiche che avevano paralizzato la maggioranza.
Molti tra coloro che avevano dato fiducia a Bruni & C. erano rimasti a casa, qualcuno invece si era spinto a sostenere Lucini nella speranza che il cambio di rotta politica portasse alla soluzione dei due problemi tormentoni cittadini: il lungolago e la Ticosa appunto. Del resto, l’attuale inquilino di palazzo Cernezzi aveva dato ampie garanzie in campagna elettorale, pur con la consapevolezza delle difficoltà e delle rogne che si portavano dietro quelle pratiche.
Ora che il primo cittadino ha virato la boa di metà mandato, sembra aver perso il vento moderato che lo aveva spinto alle elezioni. Il centro studi Einaudi, associazione messa in piedi da alcuni esponenti liberal della prima edizione di Forza Italia (da Paolo De Santis ad Alberto Botta ad Alessandro Colombo), è uscito allo scoperto per segnalare la delusione legata all’operato dell’attuale amministrazione e non solo sui nodi più eclatanti del programma. Non è tanto il centro Einaudi in sé che deve allarmare Lucini, ma il blocco sociale che rappresenta: i moderati comaschi , gli esponenti delle professioni,rimasti senza un riferimento politico che ora sembrano in parte guardare al movimento fondato da Corrado Passera che, essendo comasco, gioca in casa.
Da tempo peraltro c’è chi, dentro e fuori l’area politica del centrosinistra segnala questo rischio. Una volta conquistati i voti in libera uscita, bisogna evitare che tornino nella caserma da cui provengono o che approdino in altre casematte della politica. L’attuale maggioranza non sembra essersi curata più di tanto della questione, neppure dopo aver perduto l’assessore Giulia Pusterla, che di quel blocco sociale moderato e delle professioni è uno dei principali esponenti. Non si può certo mettere in croce Lucini per non aver risolto in soli due anni e mezzo problemi che si trascinano da decenni o lustri a seconda del caso. Ma un segnale di attenzione verso questi ambienti della città sarebbe stato opportuno lanciarlo, anche solo in termini di ascolto. Il disagio manifestato dal centro Einaudi è la spia di questa situazione. Magari Lucini la prossima volta ce la farà anche senza questi voti, poiché nel campo del centrodestra anche a Como regnano caos e divisione (tra Lega Nord e Fratelli d’Italia sono però in corso prove d’intesa) e il movimento di Passera è ancora una fragile incognita. Ma non sarà facile per il primo cittadino continuare a governare la città avendo contro la maggioranza dei cittadini storicamente moderata.
Forse l’accelerazione del sindaco sulle paratie senza attendere il via libera dell’Anticorruzione è un segnale. Ma sarà sufficiente?
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