La sera di domenica 13 febbraio alle 18 ho avuto modo di ascoltare un dibattito sul canale televisivo Rsi1 della Svizzera, riguardo il risultato del referendum sulle armi militari tenute in casa. Sono rimasto stupito della pacatezza e della educazione durante i molteplici interventi degli ospiti in studio. Le persone chiamate in causa dal giornalista-mediatore intervenivano e ascoltavano con interesse la controparte senza interrompere e senza sbraitare come accade qui da noi dove. Consiglio ai nostri politici un corso accelerato, al di là del confine, di buone maniere e come porsi con l'altro, affinché il cittadino comune possa capire quello che dicono durante le loro apparizioni, sempre più frequenti, nelle diverse trasmissioni televisive.
Roberto Mangoni
Dubito che il suo consiglio, caro amico, possa essere accettato. Anzi, sono sicuro che non lo sarà. C'è una quota, una minima quota, di politici che volentieri discuterebbero pacatamente in tivù dell'argomento sul quale sono stati chiamati a dibattere. C'è un'altra quota, una quota maggioritaria, che non lo farà mai. Anzi, gli appartenenti a questa maggioranza si allenano con metodo per evitare che la discussione sia razionale, e lo si capisce dalle interruzioni programmate dell'interlocutore, dallo studiato dondolare della testa a indicazione delle presunte stupidaggini (delle supposte falsità) che egli sta dicendo, dalla ripetitivià ossessiva del proprio mantra anziché dalla risposta alle obiezioni che vengono mosse. E' un sistema dialettico escogitato per propagandare al meglio ciò che s'intende propagandare e per impedire di comunicare agli altri ciò che essi intendono comunicare. Come si potrebbe rimediare a una tale distorsione del confronto politico televisivio? Con regole severe e con conduttori disposti, oltre che capaci, a renderle operative e rispettate. Ma questo non accade quasi mai. Anche se talune buone regole esistono e taluni buoni conduttori pure. Non solo: in vista, c'è di peggio. Il senatore comasco Alessio Butti (Pdl) ha presentato alla Rai una bozza di indirizzo per regolamentare i talk show politici in cui si prevede tra l'altro che in ciascuno di essi vengano rappresentati tutti (tutti!) i partiti presenti in Parlamento in proporzione al loro consenso, che i conduttori siano due (due!) e di diversa estrazione culturale, che il pubblico non possa (non possa!) esprimere dissenso o consenso, e che se si parla di un argomento in un programma (per esempio del caso Berlusconi-escort), non si possa parlare del medesimo per una settimana su tutte le reti. E noi continuiamo a pagare il canone.
Max Lodi
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