Le conclusioni materializzano un incubo. E’ tale agli occhi dei comaschi la possibilità che il lungolago resti nello stato in cui si trova da sette anni e mezzo. Si tratta di uno scenario tutt’altro che remoto alla luce dell’esito degli accertamenti condotti dall’Anticorruzione. Quest’ultima, in una lunga e dettagliata ricostruzione della vicenda, ha letteralmente demolito la gestione dell’intervento, a livello politico ma anche tecnico, delle ultime tre amministrazioni comunali. Superficialità, distrazione, incompetenza - ovviamente a livelli diversi a seconda del grado di responsabilità – hanno determinato una pesantissima lievitazione dei costi (dai 15 milioni iniziali agli attuali 33) e una violazione reiterata delle norme in materia di appalti pubblici. Si tratta di accuse molto pesanti di fronte alle quali è interesse di tutti, in primo luogo di chi è personalmente chiamato in causa, fare piena chiarezza prima possibile. Già, prima possibile. Di fronte a un tale disastro sarebbe un ulteriore danno lasciare che la vicenda decanti da sé e scivoli nel pantano della rissa politica. Qui nessuno schieramento ha da fare recriminazioni.
Il centrodestra ha la colpa di avere voluto a tutti i costi quest’opera (nonostante il parere contrario della stragrande maggioranza dei comaschi) e di averla mal impostata fin dall’inizio (con quella grande furbata che è stata l’utilizzo dei fondi della legge Valtellina). Il centrosinistra, perlomeno in questi primi tre anni di governo, non è stato in grado di risolvere la situazione e di mantenere fede alle promesse della campagna elettorale.
Il cantiere va riaperto, prima possibile e questo è l’unico reale e concreto interesse dei comaschi. Piuttosto, se la politica non è in grado di farlo, meglio un commissario con pieni poteri. Sarebbe un’umiliazione – certe figure siamo abituati a considerarle in certe emergenze del profondo sud – ma se questo è lo strumento migliore per raggiungere l’obiettivo, lo si percorra senza indugio perché la misura della pazienza è stata raggiunta e il danno provocato pesantissimo, forse irreparabile. Le valutazioni dell’Anticorruzione non sono un giudizio definitivo, ovviamente, ma suonano come una bocciatura evidente delle scelte compiute dal sindaco Mario Lucini chiamato a gestire, forse a raddrizzare, una partita lasciata aperta dalle due giunte precedenti (ugualmente chiamate in causa dal rapporto degli uomini di Cantone). Siamo finiti in un vicolo cieco e ora tocca al primo cittadino chiarire cosa intende fare per salvare il bilancio politico del suo mandato ma soprattutto per evitare ai comaschi la pena infinita dell’attuale lungolago. L’Anticorruzione, è vero, ha sì confortato la scelta di Lucini di modificare il progetto ereditato dal predecessore ma allo stesso tempo ha smontato l’intera procedura seguita. Non è un rilievo da poco: per quale ragione non è stato innanzi tutto risolto il rapporto con Sacaim? Possibile che nello staff del primo cittadino nessuno abbia mai avanzato il dubbio che ci si stesse avviando su una china tanto pericolosa? No, non è possibile e il sindaco a questo punto dovrà chiarire senza fraintendimenti come sono andate le cose e chi pagherà per gli errori commessi, ovviamente se tali dovessero dimostrarsi. Serve un’operazione verità per avere almeno un punto di riferimento chiaro da cui ripartire.
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