La scelta dei tempi, poi, è surreale: proprio quando il momento impone ovunque sacrifici meglio ripartiti, rendendo evidente che anche i voraci appetiti della casta politica andrebbero rigorosamente contenuti, qui si inverte clamorosamente la rotta, sfiorando lo sberleffo. A meno che l'interessata non avesse pubblicamente annunciato tale proposito prima di essere eletta, di fronte ai suoi concittadini e sottoponendosi al loro giudizio, del che è lecito dubitare. L'episodio è comunque molto istruttivo, perché conferma tanti altri fatti che, a meno di essere sprovveduti o accecati da paraocchi ideologici, ci rivelano la verità sul senso di dedizione pubblica di chi ci governa. Anzitutto sfata il mito della “diversità” leghista, che da molti anni si è accomodata agli usi di “Roma ladrona” e si è dedicata al rastrellamento di posti e di prebende al pari degli alleati, senza neppure disdegnare la tutela dei disonesti (vedi quote latte), avendo capito che per raccogliere voti bastano e avanzano gli slogan e non servono comportamenti coerenti. Inoltre fa capire come tanti amministratori intendano il mandato ricevuto: “carta bianca” per cinque anni, con la pretesa di render conto, se mai, solo al termine, confidando evidentemente nella memoria debole dei più (le vicende del capoluogo comasco sono esemplari).
Infine, fa riflettere sull'atteggiamento dei giovani che entrano in politica, certo non tutti, e non solo da ora: valutare il servizio alla propria comunità come un lavoro da retribuire con gli standard del mercato, un'occasione per la carriera personale, non è deprimente? Purtroppo, gli adulti hanno dato il pessimo esempio, e ora è tardi per recriminare: altro che servizio disinteressato, i modelli vincenti sono altri, primi su tutti i figli d'arte Renzo “Trota” Bossi e Geronimo La Russa, promossi su tutti i fronti (anche quello stipendiale) e sistemati grazie al merito, nient'altro che al merito...
Prof. Andrea Luppi
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