Probabilmente sono io che non capisco in quanto mentalmente obsoleto, e per questo insisto, allora chiedo se è legittimo e soprattutto "costituzionale" che un manipolo di professionisti della protesta (vedi no Tav e &) possano appropriarsi prepotentemente ed impunemente del suolo pubblico come terra di conquista, paralizzare di conseguenza il traffico, per manifestare a volte in maniera poco civile contro la volontà espressa liberamente dalla maggioranza dei cittadini? Anche nel ventennio le camicie nere minacciavano per l’ineffàbile sete di potere, e allora tornando ai nostri giorni, ma che razza di democrazia sarà mai questa, quella del «chi vùsa pùsee la vaca lè sua»? Se ognuno di noi può farsi un comitato a suo uso e consumo per contestare... siamo messi proprio male, e la magistratura che fa per mantenere in vita la legalità in questa sempre più moribonda società?
Enzo Bernasconi
Ai professionisti della protesta (ce ne sono) non è evidentemente lecito nulla che non appartenga alla liceità d’altre proteste di differente natura. Cioè: se sconfinano in qualcosa d’illegale, vanno fermati. Altrimenti no, pur se la loro azione crea disagi. Gli scioperi si fanno per creare situazioni di difficoltà che richiamino l’attenzione sul problema sollevato: se non la richiamano, che scioperi sono? Però da questo a creare un danno grave a chi non ha altra colpa se non quella di comportarsi da corretto cittadino, ce ne corre. Ed è qui che lo Stato deve intervenire, garantendo sì il diritto di manifestare, ma salvaguardando quello di non essere manifestamente defraudati d’altri diritti. Lo Stato, e per esso chi a turno governa il Paese, dovrebbe però anche chiarirsi le idee a proposito di grandi opere. Sono o non sono necessarie nell’interesse generale? Se lo sono, vanno o non vanno compiute nei modi e nei tempi previsti nonostante le avversioni locali? Se i primi e i secondi non vengono rispettati, chi dev’essere chiamato a risponderne? Se, infine, a tutto ciò si replica con l’ambiguità invece che con la chiarezza, quali garanzie si pensa d’assicurare a un Paese profondamente insicuro che le reclama invano? Sul caso Tav ne abbiam viste e sentite d’ogni e più diverso genere, con contorsioni dialettiche (esse sì) ad alta velocità per smentire subito dopo quanto s’era affermato poco prima. Quando si tratta d’assumersi delle spigolose responsabilità, è ben raro non avvistare la fuga dalle medesime: questa è la colpa d’una società che non è moribonda, ma fa finta d’esserlo allorché le si chiede di mantenere in vita gl’impegni assunti.
Max Lodi
© RIPRODUZIONE RISERVATA