Scrive il cardinale Angelo Scola nel libro "Buone ragioni per la vita in comune" che nessun governo produce cittadini morali. Ciò è molto vero ora che tanti si ergono a dottori di morale. Egli aggiunge che la moralità comune non comincia dal comandamento, ma dall'esperienza del bene, e come la si concretizza: giudicando non la persona, ma l'azione politica e le sue scelte.
Maddalena Visigalli
Un governo non ha infatti il compito di produrre cittadini morali. Ha il compito di produrre il bene per i cittadini. Ma per produrre il bene bisogna fare riferimento a una scala di valori che ne consenta il perseguimento. E a questa scala di valori, come fanno a risultare estranei quelli morali? Su che cosa siano i valori morali, poi, bisogna intendersi: non si tratta d'astrazioni che nulla hanno da spartire con la realtà politica e dunque vanno rigorosamente tenuti da essa separati. La politica si nutre di valori morali, se no che politica sarebbe? E i valori morali – il “comandamento” di cui argomenta lei, cara amica - altro non sono che il frutto dell'esperienza, della pratica della vita quotidiana, dell'incontro tra la natura dell'uomo, di un uomo, e la natura dell'umanità, degli altri uomini. Da quest'incontro nascono il bene comune, ma anche il male comune e di conseguenza le regole per promuovere il primo ed evitare il secondo. Proprio perciò vanno giudicati i fatti e non le persone. Ma i fatti sono compiuti dalle persone, e allora il giudizio non può essere sostanzialmente separato tra gli uni e le altre. Soprattutto non lo può essere da chi si riconosce nel cristianesimo, che pone l'uomo al suo centro. È un dettaglio (un dettaglio fondamentale) che non va mai dimenticato e che autorizza – anzi, sollecita - prese di posizioni nette. Non sono, queste prese di posizione, un esercizio di dottorato morale, sono la conseguenza della pratica di una fede che indica ai suoi adepti una strada precisa anche a proposito dell'impegno politico, civile e sociale. Dire, come una corrente di pensiero sostiene, che ci si deve limitare alla testimonianza, è fraintendere il senso da dare alla testimonianza così come l'intende la Chiesa: non l'assistere da spettatori a quel che succede, ma parteciparvi come attori. Possibilmente come protagonisti, nella certezza che sarà un protagonismo finalizzato non a se stesso, ma al vantaggio di tutti. Non è dunque un governo che può o deve produrre cittadini morali, ma sono i cittadini che possono produrre un governo morale. O dobbiamo accettare l'idea d'un governo immorale?
Max Lodi
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