Le polemiche sul tricolore in occasione del 150° anniversario dell'Unità d'Italia non autorizzano la dissacrazione di una bandiera che, qualunque sia il regime in carica, è l'espressione del sacrificio di un popolo per i suoi ideali. È l'emblema risorgimentale anche se l'identità di Nazione di un popolo è stata sabotata da mercenari della politica lontani dagli ideali di Cavour, Cattaneo, Mazzini e altri patrioti. Chi rinnega o contesta la bandiera ignora che la bandiera non è di un partito ma della storia di un popolo. Vediamo come viene rispettata nei singoli Stati e in particolare in quelli a statuto federale dove, accanto a quella dello Stato o regione federata, sventola quella nazionale. Da noi è "onorata" per avvolgere le bare dei caduti in missioni all'estero, vero orgoglio italiano. Il tricolore non è un'invenzione politica, è espressione morale: il verde sono le pianure, il bianco le cime innevate delle Alpi, il rosso è il tributo dei caduti per il loro giuramento di fedeltà. Questa mancanza di sensibilità patriottica è incomprensibile a quegli Stati di centenaria tradizione democratica.
Gaetano Banfi
E' incomprensibile dal punto di vista pratico, oltre che per tutto il resto che ci risulta noto e sul quale non vale la pena d'insistere. Se si è d'accordo sull'idea di nazione - e a Varese, in occasione della visita del presidente della Repubblica, si è detto d'accordo anche il sindaco Fontana - non si può non essere d'accordo sull'unità da trovare nelle scelte strategiche del Paese. E quest'unità implica il riconoscimento del passato, senza il quale non c'è futuro che si possa costruire insieme. Non è questione di retorica: è questione di saggezza politica. La saggezza politica tiene conto dei sentimenti popolari, non s'intestardisce a contestarli o addirittura a negarli. Quando questo accade, i sentimenti popolari prima o poi si ribellano, anche se sono sentimenti miti e spesso celati dentro l'anima del popolo. E la ribellione dei sentimenti popolari impedisce qualunque vera coesione di Stato, poco importa se lo Stato sia centralista o federale. O centralista in evoluzione federalistica. Anzi, in tal caso il suo volgersi in una diversa forma di Stato si fa difficile, fino a correre il rischio di diventare impossibile. La saggezza politica si fonda infine sul realismo: che realismo è quello restio a tener conto del pericolo cui abbiamo fatto cenno? Un realismo che certamente non appartiene alla nostra indole prealpina. O almeno crediamo che non vi appartenga, perché un simile realismo noi lo cataloghiamo come velleitarismo.
Max Lodi
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