Cronaca / Como città
Lunedì 11 Aprile 2022
Minorenne violentata a Como
dall’amico di 17 anni
«Percorso di recupero»
Il giudice mette alla prova l’imputato. «Lavora, fa sport e anche volontariato: ora è cambiato». La decisione definitiva del Tribunale attesa tra un anno
Il fatto, finito questa settimana di fronte al giudice del Tribunale dei Minori di Milano, risaliva al 7 dicembre del 2019 in piazza Volta. Una ragazza minorenne, che si era appartata in compagnia di un ragazzo e di un’altra coppia di amici in quell’anfratto che i giovani chiamavano “il buco”, era stata costretta a subire un rapporto sessuale contro la sua volontà. La denuncia era partita dai genitori della vittima che, all’indomani dell’abuso, avevano notato – dai comportamenti della figlia – che qualcosa di brutto era accaduto la sera precedente. La conferma era arrivata da un messaggio sul cellulare che era stato inviato dall’amica: «Ma tu eri consenziente? Non mi sembrava proprio».
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La violenza era stata riscontrata anche dal pronto soccorso dove era stata condotta la ragazzina. Le indagini erano state infine condotte dalla squadra mobile della polizia, che era riuscita a risalire al sospettato, un ragazzo che pure lui – al pari della vittima – all’epoca dei fatti era minorenne, di 17 anni.
A carico del giovane era stata anche emessa – all’epoca – una misura cautelare che tuttavia gli agenti di polizia non avevano potuto eseguire in quanto il minore, nel frattempo, come punizione per un altro episodio che gli veniva contestato (l’aggressione ad un clochard del centro città) era stato spedito dai genitori dalla nonna in Tunisia per aiutare a lavorare nei campi, una punizione che era stata pensata da mamma e papà per metterlo in riga prima di sapere di questa nuova ipotesi di reato per violenza.
Nel mese di febbraio del 2020, esplose infine il Covid, impedendo al 17enne di tornare in Italia. Insomma, la vicenda di cui stiamo scrivendo solo questa settimana è approdata di fronte al Giudice del Tribunale minorile di Milano, che – su richiesta della difesa, rappresentata dall’avvocato Valentina Campisani – ha confermato ciò che era stato disposto già qualche mese fa, ovvero la messa alla prova che scadrà nel marzo del 2023. Solo allora il percorso di recupero del giovane verrà valutato definitivamente.
Messa alla prova
Nel frattempo molto è successo. Il ragazzo, secondo la tesi della difesa, aveva interpretato il silenzio della vittima al momento dell’abuso come una non opposizione all’atto sessuale, mentre non era affatto così ed era al massimo una incapacità della ragazza nel reagire a quanto stava avvenendo.
Il minore – nato a Como – come detto era poi stato spedito dalla famiglia a lavorare nei campi in Tunisia, ma non era più riuscito a rientrare in Italia in seguito al Covid che nel frattempo era esploso bloccando gli spostamenti. Sono nel settembre del 2020 la polizia – con un rientro concordato – era andata a prenderlo al porto di Genova per eseguire finalmente la misura cautelare che era stata emessa mesi prima.
Il minore era così stato portato in una comunità dove era rimasto a lungo, con anche problemi successivi ad un pestaggio subito da altri ragazzi ospitati nella struttura (per cui è stata formulate una denuncia-querela).
In questi ultimi mesi, infine, l’ex minore (che nel frattempo è diventato maggiorenne) ha cercato di uscire dal tunnel cominciando a lavorare – pare anche con profitto – iniziando a praticare sport a livello agonistico, frequentando uno psicologo (come disposto per ottenere la messa alla prova) e facendo volontariato. Motivi che potrebbero aver pesato sulla decisione del Giudice dei Minori di dargli una possibilità, attendendo di valutare questo percorso di reinserimento nella società.
La messa alla prova è stata ribadita la scorsa settimana, nel corso di una apposita udienza fissata a Milano. Per il momento il percorso sembrerebbe positivo. Una ulteriore verifica verrà effettuata più avanti, mentre la scadenza è fissata per il mese di marzo del 2023.
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