Auto e Moto
Venerdì 13 Luglio 2012
Monza, piloti divisi sulla sicurezza
Tutti gli occhi sono sull'autodromo
Nessuna anomalia, nessun dato che possa far pensare che siano state le bolle sull'asfalto a causare le cadute in quel punto della pista di Monza. A dirlo è la telemetria Bmw, in riferimento alla gara di Superbike del 6 maggio scorso. Intanto si guarda a settembre e al Gp d'Italia.
Dati numerici che però stridono eccome con le parole di Macio Melandri, uno che in sella proprio alla Bmw ci mette la propria vita: «Ecco perché sono caduto. Non me lo spiegavo. Mi ero arrabbiato pensando di non aver visto una macchia di umido nel giro di ricognizione…», ha spiegato il pilota ravennate in Procura,dove si indaga sulle bolle dell'asfalto. «Era la fine del primo giro, mi pare ci fosse il sole. E comunque sono certo che in quel momento non piovesse né c'erano tratti umidi in pista. Mi trovavo in traiettoria nella curva e avevo cominciato a riaprire il gas. Quando mi sono accorto che la moto scivolava più del normale era troppo tardi per controllarla. Ripeto, davanti a me avevo una traiettoria pulita e senza chiazze. Considero che il rapporto tra la presenza delle bolle e le cadute non possa né debba essere escluso».
Beghella e la sicurezza - Pare una barzelletta, ma non lo è. A tacere, come hanno dimostrato le intercettazioni telefoniche rese note la scorsa settimana, erano stati Stefano Tremolada, Enrico Ferrari e Giorgio Beghella Bartoli. Uno che, tra l'altro, su nomina della Csai ricopre il ruolo di presidente della commissione sicurezza dei circuiti italiani. Un paradosso, tranne che per la Csai, la Commissione sportiva automobilistica italiana. Che ha in Angelo Sticchi Damiani il presidente, ovvero colui che dallo scorso rappresenta anche il vertice nazionale dell'Automobile club italiano. Ed è stato lo stesso Sticchi Damiani, nei giorni scorsi, a manifestare in più occasioni la sua preoccupazione per il regolare svolgimento del prossimo Gran premio, in griglia il 9 settembre.
La rottura Aci-Sias - Una sottolineatura, quella del Gp da salvaguardare e da salvare, che è una diretta accusa a Paolo Guaitamacchi e al suo coup de theatre della scorsa settimana, con la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche che riguardano i dirigenti dell'autodromo.
Sticchi Damiani e l'Aci non hanno gradito, così come è evidente che la cosa non abbia fatto felice l'Ac Milano e il suo presidente, Carlo Edoardo Valli. Assente al momento della conferenza stampa di Guaitamacchi e in silenzio nei giorni immediatamente successivi alla bufera intercettazioni. Valli s'è detto da subito «fiducioso nella giustizia», evitando di prendere posizioni forti e preferendo, semmai, attendere eventuali scossoni giudiziari.
Valli isolato È per questo che - secondo chi lo conosce bene - ha resistito alle enormi pressioni delle ultime settimane, evitando di rassegnare le proprie dimissioni. Le uniche, di fatto, che avrebbero potuto salvare Guaitamacchi e scongiurare l'insediamento del tirare troppo per la giacca e sfrutti l'opportunità che la Spending review gli offre: valutare quanti membri debbano esserci all'interno di una società come la Sias. In altre parole, prenda tempo per valutare bene la situazione, sfruttando a proprio vantaggio questa nuova decretazione legislativa».
Allevi con Guaitamacchi - Anche perché, «tra un mese e mezzo Monza avrà gli occhi del mondo su di sé e questa è una variabile da considerare. Non credo che il Gp sia a rischio, ma non nascondo la mia enorme preoccupazione per quel che sta accadendo in autodromo. C'è grandissimo imbarazzo e non vorrei che la credibilità costruita in 90 anni venga persa».
Allevi ha le idee chiare e i messaggi che lancia a Valli sono tutto fuorché cifrati: «Mi auguro che il buon senso prevalga. Valli quando venne eletto ebbe da subito il nostro appoggio, in quanto rappresentante della nostra Brianza. Ora spero che faccia la cosa giusta. Guaitamacchi ha amministrato molto bene e ha avuto il merito di aver scoperchiato alcune anomalie. Si è dimostrato una persona integerrima e io credo che certi valori debbano essere premiati, non castigati. Se poi penso che coloro che vogliono mandarlo a casa sono gli stessi che vogliono mettersi al suo posto, mi sembra che risulti evidente come ci sia della verità in quel che Guaitamacchi ha denunciato».
Stefano Arosio
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