Mi vengono in mente un paio di considerazioni a proposito dello stile nello sport, qualcosa che stava molto a cuore all’avvocato Agnelli e che adesso sembra non essere particolarmente apprezzato. È per esempio sorprendente che un allenatore come Lippi subordini la convocazione in nazionale di un fuoriclasse a nome Cassano perché non ne apprezza il modo di essere in campo e fuori: se un club come la Juve riuscì ad accettare, in parte disciplinandolo, Sivori, possibile che la nazionale non riesca a fare lo stesso con Cassano? Un altro allenatore, Mourinho, non fa nomi ma fa intendere che il collega Ancelotti, diversamente da lui, non avrebbe dignità perché a fare la formazione del Milan non è il tecnico che guida la squadra, ma Berlusconi. Possibile che Mourinho non abbia argomenti migliori per gratificare se stesso?
Paolo Di Benedetto
Credo che Lippi tenga fuori dal giro azzurro Cassano più per l’avversità che verso di lui séguita a manifestare parte del gruppo storico del mondiale 2006 che per i difetti comportamentali (peraltro arciveri) del giocatore. Ma non c’è gruppo che si rifiuti d’accogliere un campione decisivo per vincere. Se Cassano continuerà a giocare a questi livelli - e tanto più se il suo compagno di squadra Pazzini troverà collocazione abituale in azzurro - il suo ritorno all’ovile della nazionale possiamo darlo per certo. Stile è anche comprendere e correggere i difetti altrui e magari coglierne un lato (nel caso di Cassano la bizzarria) che può diventare virtù. Il calcio è zeppo di casi Sivori. Spesso il genio s’accompagna ad atteggiamenti sregolati, ma resta un genio, e ci rimetterebbe lo spettacolo sportivo se non si riuscisse a proporne agli spettatori le interpretazioni al più alto livello. Quanto a Mourinho, è così bravo da non aver bisogno d’indicare i (presunti) difetti altrui per alzare ancora di più il suo profilo. Tuttavia i difetti non mancano neppure a lui, e quello d’ingigantirsi i meriti è uno. A rimpicciolirli ci ha pensato proprio Ancelotti, che alle insinuazioni del collega ha replicato con stile (eccoci) minimale: «Nel Milan ho vinto due Champions League da giocatore e altre due da vice allenatore». L’intervistatore televisivo ci ha messo un po’ a capire l’ironia di Carletto, pur espressa da un divertito sorriso. Poi finalmente ce l’ha fatta.
Chissà se anche Mourinho capirà che in Italia magari non c’è nessun allenatore del suo elevato livello, ma circola un senso dell’umorismo sconosciuto ai portoghesi. Senz’altro non aiuta a vincere le partite, però serve a non perdere il contatto con la realtà.
Max Lodi
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