Natale: tradizione a tavola
I piatti da Sicilia a Trentino

Nel suo ultimo libro intitolato «La cucina delle festività religiose», l'Accademia italiana della cucina racconta il Natale a tavola dalle Alpi all'Etna. Il pranzo è servito: al Nord capitone e lumache, spesso rispettato il "giorno di magro"

ROMA Paese che vai, usanza che trovi. Un detto che è tanto più vero a Natale, quando l'Italia diventa una penisola delle tradizioni culinarie, un lungo itinerario gastronomico a forma di stivale dove, a cena e soprattutto nel pranzo natalizio, ognuno porta a tavola una cosa diversa. Nel suo ultimo libro intitolato «La cucina delle festività religiose», l'Accademia italiana della cucina racconta il Natale a tavola dalle Alpi all'Etna, dalla piemontese "finanziera" allo "zelten" di Bolzano, dalla siciliana "giuggiulena" ai "cornioi" veneti, dal "bardiccio" toscano fino  al "pane di Cristo" triestino.
Eccolo, regione per regione, dal Nord al Sud.
- Val d'Aosta: il pranzo di Natale vede in tavola la classica "carbonade", fette di carne macerate nel vino rosso con erbe aromatiche e sale, poi tagliate a pezzetti e cotte in padella con del burro. Si serve con una salsa particolare al vino rosso, ricca di sapori e di profumi.
- Piemonte: sulla tavola trionfano antipasti tradizionali quali il bastoa', la finanziera, i capunet, il vitel tonnè mentre tra i primi non possono mancare zuppiere fumanti di agnolotti e ravioli. Per il pranzo del 25 dicembre sono protagonisti i capponi e il gran bollito, accompagnati sempre da un'insalatina di sarset.
- Liguria: durante la vigilia di Natale il digiuno cristiano è un vero e proprio obbligo religioso, in passato si consumava esclusivamente  una zuppa di pane in brodo di trippa.
- Lombardia: per l'antivigilia di Natale nell'Oltrepo si praticava "la cena delle sette cene" realizzata con ben 7 portate di magro. Piatto simbolo del Natale è da sempre l'anguilla, cotta in un fondo di robusto Barbera sul Ticino, in cartoccio con timo e limone sul lago d'Iseo e infine "cont i faseu" sui Navigli Milanesi.
- Trentino Alto Adige: nel rispetto della tradizione tirolese, le famiglie sono solite mangiare la carne con i crauti. A Bolzano il simbolo del periodo natalizio è lo Zelten, un tipico dolce di frutta secca. La tradizione vuole che la fetta più grande spetti al capo famiglia che lo tagliava alla presenza di tutti, mentre le fette più piccole erano riservate alle ragazze "in età da marito".
- Veneto: la tradizione della cena della vigilia vuole la presenza in tavola dei cornioi, ovvero lumache che servivano a sfamare per l'intera famiglia allargata. L'antica ricetta prevede infatti che ne vengano preparate ben  200, accompagnate da olio, vino bianco secco, burro, aglio, sedano e prezzemolo. Nella zona del Vicentino, per il pranzo di Natale  il piatto tradizionale è ancora oggi la minestra di tagliatelle con fegatini in brodo di cappone  e di manzo. Simbolo del Veronese è invece il bollito misto alla veronese con pearà .
- Friuli Venezia Giulia: solo piatti di magro rispettando la penitenza religiosa. La tavola natalizia tradizionale è composta da  una serie di pesci denominati in dialetto "fritura, sardele, segui, sgombri, bisate e masonite". Per la cena della vigilia, i triestini considerano quasi d'obbligo il risoto co' i caperzoli (arselle) oltre che la pasta co' le sardele salade. A Trieste la tradizione vuole che dopo la mezzanotte, quando l'imposizione del digiuno natalizio è scaduta, si mangino le trippe fumanti e bene "informaiade". Per il pranzo del 25 invece non può mancare il maialino al forno sostituito a volte con la tacchina ripiena, accompagnato dal cosiddetto il pane di Cristo. (Segue)
- Emilia Romagna: dominano i primi piatti della tradizione, gli spaghetti al tonno o alle sarde e i tortelli di zucca al burro. A Bologna, in particolare i pasti natalizi non possono non concludersi con il celebre pan speziale o Certosino, dolce  di origine medievale, la cui ricetta era custodita dai monaci della Certosa.
- Toscana: si intonano canti intorno al fuoco e si beve Vin brùlé. In particolare va ricordata la tradizione di Londa, nei pressi di Firenze, dove dopo la mezzanotte, viene cotto sulla brace del falò il bardiccio, la tradizionale salsiccia di maiale al finocchio.
- Marche: il venerdì di magro era in passato una ghiotta occasione per mangiare pesce, di stoccafisso e di baccalà. Il pranzo natalizio rispecchiava in tutto per tutto quello dei matrimoni e vedeva protagonisti i cappelletti in brodo, seguiti dal bollito con verdura cotta o cardi e dalla carne arrosto.
- Umbria: bottarga trinciata, le tartarette di mangiar bianco, le trote marinate e pasticci di ostriche calde.
- Lazio: il cenone della vigilia aveva il suo evento simbolico nel cottio del pesce di Portico d'Ottavia dove si trova la sede storica della cucina giudaica. Il tradizionale menu della Vigilia di Natale prevede ancora oggi il brodo di pesce seguito dalla pasta asciutta al sugo di tonno e per secondo l'intramontabile baccalà in umido con pinoli e zibibbo.
- Abruzzo: a Lanciano la vigilia di Natale è preceduta dall'antivigilia, una cena di "magro" in cui le portate sono ben 13, ad indicare Gesù e i dodici apostoli. Sulle tavole campeggiano i fidelini con  le sarde, il baccalà, le anguille i capitoni fritti ed altri piatti a base di pesce. La tradizione più rigorosa prescrive che la notte di Natale bisogna mangiare senza uova, burro e latte. Si preparano infatti le ostie composte da due strati di leggerissime sfoglie che si farciscono con un miscuglio di miele, mandorle e noci.
- Molise: oltre al classico brodetto alla termolese per la cena della Vigilia, ci sono le sagne in brodo, pregiato timballo di lasagne cotte nel brodo di gallina ed imbottite con uova, pecorino e scamorza, la carne della gallina a tocchetti, il tutto ben innaffiato di brodo e messo in forno. (Segue)
- Campania: per la vigilia insalata di rinforzo con cavolfiore bollito, scarola riccia, olive di Gaeta, capperi, sottaceti e alici salate e il capitone. Il pranzo del 25 prevede invece la minestra maritata. Tra i tipici dolci di Natale in Campania troviamo invece gli struffoli, di origine antichissima.
- Puglia: per la Vigilia si mangiano i frutti di mare crudi, dalle cozze agli allievi, alle tagliatelle mentre la carne è protagonista del pranzo di Natale con l'involtino di carne di cavallo.
- Basilicata, nel periodo natalizio vi è la consuetudine di preparare le scarpedde: sfoglie di pasta fritta e coperte di miele. In questa regione è la diversità del condimento utilizzato ad indicare la gradualità dell'importanza della festa: per il Natale si ricorre a sughi preparati con polli e conigli ruspanti imbottiti.
- Calabria: trionfa il capitone. I riti del Natale cominciano il 20 dicembre quando si preparano i dolci realizzati con miele d'api o di fichi e olio di frantoio. Il 23 dicembre invece è dedicato alla frittura di ciambelle (i pittuli) che si consumano insieme a parenti ed amici.
- Sicilia: non c'è cena della vigilia senza la pasta con le sarde. Da non perdere, se si transita dalle parti di Modica la pietrafennula, raro e durissimo dolce preparato per Natale.
- Sardegna: è il trionfo della fregula, una specie di cuscus di semola di grano duro macinata grossa, impastata con acqua tiepida e zafferano poi soffregata tra i palmi delle mani per far gonfiare i grani. Asciugati su un canovaccio, questi grani vengono cotti nel brodo di gallina e conditi con formaggio fresco in salamoia (casu de fitta) e abbondante pecorino grattugiato.

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