Il meglio e il peggio di un’Italia che sa sempre sorprendere (in meglio e in peggio, ovviamente) te li ritrovi impastati assieme in mezzo al fango, al termine di una settimana di emergenza maltempo che - a voler ben vedere - non è ancora finita. Come spesso (o forse sempre) accade quando il nostro Paese è costretto a fronteggiare situazioni al limite, ti ritrovi con il cuore spiazzato. E non sai se esultare e commuoverti per le tantissime storie di grande umanità e incredibile coraggio e forza nel rimettersi in piedi dopo un colpo da ko, o deprimerti di fronte a chi di quel colpo è stato complice. Viviamo in un Paese dove i ragazzi indossano i panni di “angeli del fango” per aiutare perfetti sconosciuti, ma anche in quello che si indigna a salve a ogni disastro; viviamo in un’Italia dove i pompieri infilano ventiquattr’ore consecutive di lavoro a ritmi forsennati senza battere ciglio, e pure in quello che riesce a spendere oltre 30 milioni con la scusa di eliminare il rischio idrogeologico ritrovandosi con la città allagata che neppure Venezia con l’acqua alta.
Ammettiamolo: si rischia la crisi d’identità, ogni volta che usciamo da un’emergenza. Chi siamo noi? Siamo i volontari che spalano via il fango o i burocrati che si nascondono dietro al dito puntato sempre e immancabilmente contro qualcun altro? Siamo i molti artigiani e imprenditori che provano a rimettersi in piedi da soli senza aspettare un aiuto che chissà se verrà mai, oppure siamo i petulanti personaggi sempre in attesa di uno Stato assistenzialista che «non ci penso neppure a muovere un dito, perché tocca al governo aiutarmi»?
Nel nostro piccolo, senza aver fortunatamente vissuto i drammi della Liguria, ma comunque memori di disastri recenti come quello di Brienno di pochi anni fa, anche noi comaschi siamo testimoni di questa dicotomia tutta italiana. Questi giorni di acqua e frane hanno portato a valle rivoli di storie da raccontare con orgoglio: la solidarietà che è scattata in una Civiglio isolata dalla frana della scorsa settimana, dove i vicini si aiutano con la spesa, gli spostamenti, le piccole e grandi esigenze quotidiane; la generosità dei vigili del fuoco, incapaci di dire un no anche di fronte a richieste che non sarebbero di loro competenza; la macchina dei soccorsi che, nel suo complesso, ha dimostrato di saper funzionare. Ma accanto al meglio, questi giorni ci hanno fatto franare addosso anche il peggio: la vendetta di un lago che ha rotto gli argini di anni di scelte sciagurate e di sprechi in un progetto faraonico e folle, come pure la presa in giro di un ospedale la cui viabilità finisce sott’acqua quasi ad ogni temporale, con buona pace di chi per raggiungerlo usa un’auto e non un gommone. Per quanto differenti, sono tutte facce di una sola realtà. Tu chiamala, se vuoi, Italia.
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