Non toccava a noi, ma ci siamo sentiti di farlo.
Il messaggio, diretto ed efficace, del sindaco di Chiasso è racchiuso in queste parole. Infilate in una conferenza stampa che analizza le ragioni per cui andare in Svizzera (ma anche quelle per cui non farlo), di fronte a 682 ditte che hanno risposto al richiamo del Comune e della sua task force , possono passare inosservate.
Ma sarebbe un peccato. Perché forse rappresentano lo schiaffo salutare che può venire da questa giornata incredibile e preoccupante con una prima tranche di 161 imprese a meditare, se non a organizzare già di andarsene.
Vengono soprattutto da Como, dalla Brianza, da Varese. Lo ha raccontato lo stesso primo cittadino Moreno Colombo: dalle fasce di confine, le stesse che si sono mobilitate alzando la voce per invocare la zona a burocrazia zero. E in effetti una simile mossa in questa direzione aiuterebbe moltissimo, perché in Svizzera - è stato ribadito ieri - la rapidità dei permessi è una manna.
La Regione ci sta provando. Ha raccolto la proposta delle province che soffrono ancora più pesantemente la crisi economica, perché vedono che un altro modello è possibile e di questi tempi salva pure la vita. L’assessore Mario Melazzini è stato fermo in queste ore nel ricordare che la Lombardia si sta muovendo con un pacchetto di misure concreti a favore della produttività. E se vogliamo la prova del nove che possa costituire un importante passo avanti per trattenere le imprese e farne nascere di nuove, la dice lunga l’ampio spazio dato dai media ticinesi all’annuncio della giunta Maroni.
Ma restano quelle parole, conficcate nella coscienza di una terra come la nostra. Coscienza è un termine che scomodiamo volentieri, perché è stato usato dallo stesso sindaco di Chiasso, accompagnandolo con l’aggettivo “sociale”.
Molte aziende si stanno trasferendo ugualmente. E se lo fanno in modo incontrollato, rischiano di comparire anche le controindicazioni. Chiasso ha voluto dire la sua, informare prima ancora, perché non si verifichino problemi come il dumping salariale.
Non siamo l’ente preposto, ha insistito il sindaco a questo proposito, eppure ci si è mossi.
Ecco, in Italia troppo spesso gli enti pubblici piangono sul patto di stabilità piuttosto che sui vincoli oggettivi che vengono posti. Ci si lamenta, ci si infuria, ma parte di quelle energie forse potrebbero essere dirottate sulla ricerca di una risposta “in proprio”. Non isolata - la stessa Chiasso ha ribadito come si muova in sintonia con il Cantone -tuttavia uno sforzo va portato avanti a ogni costo.
In Italia ci sono aziende che chiudono o si trasferiscono, mentre nei deliranti salotti politici nazionali si sta parlando di tutt’altro. Come se le imprese fossero una comparsa ininfluente, e non il cuore dell’economia.
La politica del nostro Paese con il suo comportamento fuori da ogni canone di ragionevolezza sta gridando: «Non tocca a me». Mentre ha invece responsabilità precise e ha il dovere di fermare questa corsa al precipizio.
Ieri molte aziende comasche, brianzole e varesine hanno scoperto che la Svizzera dà tanto, ma non chiede di meno. Non sappiamo quante decideranno di compiere il passo sofferto di andarsene. Certo, comunque vada, saranno ancora più stanche di un sistema Paese dove si domanda continuamente, ma non si offre la minima attenzione, se non per vessare e per spingere verso il precipizio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA