Como pullula di novantenni. Uno, il più alto e luminoso di tutti, compie gli anni proprio oggi: il faro voltiano di Brunate (che, in realtà, di Brunate non è). Un altro, il più sportivo, li ha compiuti lo scorso 30 luglio: lo stadio Sinigaglia. Un terzo conquistava già le copertine a maggio del 1927, ma la sua nascita fu registrato solo il 15 luglio del ’28, quindi dovrà aspettare ancora un po’ per festeggiare.
A dire il vero, i festeggiamenti non è che si siano sprecati, fino ad ora, per questi simboli della nostra città. Il Sinigaglia, addirittura, ha ricevuto in dono proprio nel giorno del genetliaco un’inchiesta della procura sui mancati lavori di messa in sicurezza. Il Tempio Voltiano rischia di non aver proprio nulla da celebrare, dimezzato com’è da più di tre anni, ovvero da quando si staccarono pezzi di intonaco al primo piano. Ma, almeno per oggi, concentriamo le attenzioni sul faro.
Quando nacque venne un ministro a festeggiarlo e si inscenò un avveniristico collegamento radiofonico e luminoso tra Villa Olmo (dove si trovava Costanzo Ciano) e il faro stesso, benedetto dal vescovo. Sotto il fascismo, qualcuno dirà, ogni occasione era buona per fare propaganda. Ma a giudicare da quante opere importanti non sono state costruite a Como dal ’45 in poi, viene il sospetto che qualche politico abbia interpretato come prova di antifascismo non lasciare “impronte” durature nel contesto urbano. Tesi, ovviamente, paradossale, come ci ricorda la presenza di Sandro Pertini ai Giardini a lago il 28 maggio 1983 per inaugurare il Monumento alla Resistenza europea . Da allora altri “ismi” (dal prefisso quello sì vagamente evocativo del Ventennio: menefreg-), e veti incrociati, hanno prevalso fino a quando nel 2015 è apparso il fondo alla diga “The life electric” di Libeskind, sopravvissuto al fuoco di fila dei contestatori solo perché loro, che lo avevano confuso per dimensioni col Colosso di Rodi, avevano sparato troppo alto.
Oggi non ci si aspetta che arrivi un ministro da Roma per il 90° del faro, però, forse, con un poco più di attenzione nei confronti suoi e degli altri lasciti delle celebrazioni voltiane del ’27, almeno un sottosegretario sarebbe venuto a spegnere le candeline, come giustamente è accaduto a Tremezzo per un altro recente novantesimo compleanno, quello dell’ente morale che gestisce Villa Carlotta. E questa esplosione di novantesimi non si deve certamente soltanto a ragioni politiche, ma anche, e di più, al fervore che animava allora la comunità comasca: non a caso tra qualche settimana festeggerà lo stesso anniversario anche la Casa vincenziana di via Tatti.
Lo avevamo visto e raccontato durante la passeggiata creativa condivisa tra il festival del nostro giornale, “Le Primavere”, e quello della Luce, lo scorso maggio: da Villa Olmo a Villa d’Este l’intero sistema viabilistico e tutti i monumenti lungo il percorso erano stati rivisitati, restaurati e (come nel caso del ponte sul Breggia) ricostruiti ex novo in occasione delle voltiadi del ’27. Como (con Cernobbio e Brunate, cui ha opportunamente cercato di riavvicinarsi dalla candidatura a capitale della cultura di 2 anni fa) si era stretta e prodigata attorno alla memoria dell’inventore della pila, colta come fattore identitario e valoriale, come già era accaduto nel 1899. Ora il faro è ancora, nonostante tutto, uno dei monumenti più visitati dai turisti, nonché simbolo dello skyline lariano. Dopo aver disceso infiniti gironi di degrado - sfregiato dai graffitari, coperto di antenne, affidato per tanti anni alla buona volontà di un guardiano semivolontario, cui fu poi tolto per darlo a una cooperativa di Roma che aveva ricevuto in appalto i magazzini (sic!) comunali - in tempi recenti il monumento ha avuto in dono dal Rotary Como una luce nuova (a led) e, per renderlo più fruibile, il Comune di Como ha siglato un accordo di gestione con quello di Brunate, che a sua volta lo ha affidato a un’associazione di guide turistiche.
Ecco, ora è il momento di festeggiare questo novantenne che è sempre splendido, soprattutto quando la notte cala a nascondere le rughe del suo intonaco e si accende il grande occhio luminoso. Come a volte accade anche nelle famiglie, per tagliare la torta si aspetta la domenica in cui possono esserci tutti: il 17 settembre quando, non a caso, l’ultima passeggiata del ciclo “Sulle orme di Volta”, promosso da Fondazione Volta e condotta da chi scrive, approderà proprio al faro nel giorno della festa della frazione di San Maurizio, curata dalla Pro Brunate. Di ieri la notizia che anche il Comune di Como, grazie all’intervento dell’assessore Marco Butti, contribuirà a rendere speciale la giornata donando ai partecipanti (100 posti disponibili) una quota dei biglietti della funicolare, che l’attuale amministrazione aveva trovato nei cassetti assieme ad altri bonus destinati alla promozione del commercio e del turismo. Mentre il Comune di Brunate offrirà un concerto del musicista Xoán Curiel, che per ammirare il faro (e non solo) verrà da molto lontano (Santiago de Compostela).
Faro e funicolare sono due grandi eredità che ci hanno lasciato i nostri avi, nati dallo stesso clima elettrizzante di fine Ottocento. Il monumento luminoso, infatti, era stato proposto per le celebrazioni voltiane del 1899, e da una santo come Luigi Guanella, che in tal modo intendeva eternare le virtù dell’inventore della pila additandolo come simbolo dell’Italia attraverso le tre luci tricolori (aveva visto lungo: Volta è simbolo dell’Italia in questi giorni anche all’Expo in Kazakistan, grazie a sinergie tra comaschi che è importante applicare anche in patria). Pure allora, però, prevalsero i veti incrociati e venne realizzato solo un manufatto provvisorio sopra lo chalet Spaini di Brunate (dove dal 1910 sorge il Grand Hotel Milano). Tattavia, nel ’27, l’intuizione guanelliana fu ripresa e concretizzata dall’associazione dei Postelegrafonici, che raccolse i fondi per costruire il monumento e lo donò al Comune di Como. Da quel generoso regalo nasce la travagliata, ma pur sempre luminosa storia, della microscopica enclave del capoluogo in cima al “Balcone sulle Alpi”.
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