Operaio morì sotto il trattore
Un anno al titolare della ditta
Condanna e pena sospesa all’amministratore di Cip Calor
L’infortunio nel 2011 a Lasnigo, la vittima aveva 36 anni
A due anni dalla scomparsa di Roberto Dominioni, morto schiacciato da un trattore nell’azienda Cip Calor di Lasnigo, il giudice Ferdinando Buatier de Mongeot ha condannato a un anno di reclusione (con sospensione condizionale della pena) il suo datore di lavoro.
Il titolare della Cip Calor - 54 anni, residente a Bellagio - è stato riconosciuto colpevole di omicidio colposo per il mancato rispetto della normativa a tutela della sicurezza sul posto di lavoro.
Il giudice ha letto la sentenza ieri mattina al tribunale di Erba, al termine di un procedimento che ha visto sfilare periti e testimoni. Il dibattimento ha consentito alle parti di ricostruire quanto accaduto la mattina del 13 aprile 2011, quando Dominioni - che all’epoca aveva 36 anni e abitava a Lurate Caccivio con la moglie e due figli - morì schiacciato sotto un trattore mentre trasportava in discesa un carico di materiale cippato, forse troppo pesante e con un sistema di frenatura incompatibile con quello del veicolo.
Per il pubblico ministero Giampaolo Moscatelli, che ha chiesto la condanna a un anno e due mesi di reclusione, determinante per la morte di Dominioni sarebbe stata la mancanza di cinture di sicurezza sul trattore. Tra gli addebiti mossi dall’accusa anche la scarsa formazione del personale in materia di sicurezza e la mancanza di una regolamentazione chiara sul comportamento da tenere in azienda.
Le stesse tesi dell’accusa, nel corso del procedimento, ha sostenuto anche l’avvocato Fabrizio Natalizi in rappresentanza della famiglia Dominioni, costituitasi parte civile. Il giudice ha rimandato la quantificazione del risarcimento in giudizio separato, disponendo una provvisionale di 20mila euro a testa per la moglie Barbara Signorello, per i genitori Elio Dominioni e Silvana Palazzo, e per i due figli della vittima, Giulia e Andrea, di soli 8 e 6 anni.
«Io - commenta Natalizi - ho quantificato i danni in 500mila euro a testa. La cifra verrà poi stabilita in sede civile».
«Aspettiamo che il giudice depositi le motivazioni della sentenza - ha commentato il legale dell’imputato Maria Cristina Butti - e a quel punto decideremo che cosa fare. Un nostro ricorso in appello è certamente possibile».
Ieri mattina la Butti è tornata a chiedere l’assoluzione del titolare della Cip Calor: secondo la difesa, tutti i dipendenti sapevano di non dover utilizzare mezzi dell’azienda con cassoni incompatibili. «Senza contare - ha aggiunto - che poco tempo prima alla Cip Calor venne organizzato un corso sulla sicurezza nonostante non fosse previsto dalla legge».
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