La repubblica delle banane procede spedita verso la conquista del suo spazio vitale. Sarà il caldo, il richiamo della foresta o forse più facilmente l’onda lunga dell’analfabetismo funzionale, ma negli ultimi giorni sono successe cose talmente grottesche, ridicole e ignobili che la dicono lunga su quanto ci si stia tutti quanti bevendo il cervello.
Accade che un deputato di seconda fascia del Pd, Ivan Scalfarotto, vada a trovare in carcere l’assassino (e il complice) del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega. La notizia viene pubblicata sulla “Stampa” e, come sembra logico, nessuno o quasi se la fila, dato che la visita dei detenuti per valutare le condizioni di salute e il rispetto dei diritti è una prerogativa prevista dalla legge e utilizzata molto spesso dai parlamentari. Il fattaccio avviene solo in tarda serata, quando il poliedrico vicepremier Salvini scrive due righe scandalizzate sui social - la solita roba: “pazzesco!” “vanno a confortare i criminali!!” “non ho parole!!!”- e da lì parte il Circo Togni: 25mila condivisioni, 31mila commenti, dei quali potete immaginate il tenore, 44mila like. E per non sembrare da meno, anche i Cinque Stelle, in perpetua e affannosa rincorsa della Lega, per voce del deputato Carlo Sibilia (e chi è?) indignano l’indignata indignazione: “Per me è rivoltante! Vada in carcere, ma esca dal Parlamento!!”.
Ma fin qui, sai che novità. La cosa davvero spettacolare e spassosissima e pagliaccesca è che nella sterminata processione di soggetti che si danno il cambio per prendere a manrovesci, a calci in culo e a gatti morti in faccia il malcapitato Scalfarotto, prende posto pure il Settimo Cavalleggeri del Pd. Che sarebbe poi il partito del reo e che, in un fantozziano tentativo di accattonaggio di consensi, supera a destra Salvini e per voce di Carlo Calenda - e qui c’è l’aggravante che si tratta di un politico di vaglia - stigmatizza le “vette di stupidità” mentre Don Abbondio Zingaretti - tra le risate generali - si mette a doroteizzare su improvvide “iniziative personali e non certo a nome del partito”. Tutto vero. Mancava solo Mangiafuoco, la Donna Barbuta e l’Uomo Salsiccia e il parterre degli statisti della sinistra 4.0 sarebbe stato al completo.
Ora, senza ironie, guardandoci negli occhi e superando qualsiasi differenza politica o culturale, qui bisogna che tutti quanti ci diamo una disciplina. Qui stiamo smarrendo il bandolo della matassa. Qui stiamo perdendo la brocca. In uno Stato di diritto - siamo ancora in uno Stato di diritto, vero? vogliamo ancora esserlo, vero? - non sono previsti la tortura, il linciaggio e la condanna preventiva. Il caposaldo di ogni democrazia liberale - siamo ancora in una democrazia liberale, vero? vogliamo ancora esserlo, vero? - è costituito non dal consenso, non dalla volontà generale, non dalla maggioranza dei voti né dei parlamentari, ma dalla tutela rigorosa, inderogabile, inscalfibile dei diritti delle minoranze - politiche, etniche, religiose - e di quelli dei barboni, degli sbandati, degli indagati, dei condannati e dei detenuti. Insomma, della feccia dell’umanità. E questa tutela va esercitata alla faccia delle pulsioni, dei rancori, degli odi, anche legittimi, delle panze, delle trippe, delle viscere della maggioranza silenziosa o ululante. E se il soggetto da difendere è lubrico, schifoso e vomitevole, la sua tutela va esercitata con forza anche maggiore.
Quello operato dal carneade del Pd - ma potrebbe essere di qualsiasi altro partito, questo è irrilevante - è un sacrosanto esercizio di verifica se l’habeas corpus, secondo il quale nessuna persona che si trova in mano allo Stato, nemmeno il peggior stragista e assassino, può essere punito se non in forza di un giudizio legale e dopo un regolare processo che gli garantisca tutte le possibilità di difendersi, sia stato rispettato. Se in galera invece di quei due ragazzotti americani ci fossero, per iperbole, Hitler o Stalin o Pol Pot o Erode o il mostro di Milwaukee o Totò Riina o Bin Laden o chi volete voi, bisognerebbe comunque garantire l’assoluto rispetto dei diritti e tutti i conforti fisici e psicologici. Perché è così che fanno le democrazie ed è da questa filosofia faticosissima e commovente che dovrebbero imparare i nostri nuovi amici cinesi e russi con i loro campi di prigionia e le loro esecuzioni sommarie e i nostri vecchi amici gringos con le loro schifezze di Guantanámo.
Perché se lasciamo galoppare il ventre del mostro che alberga dentro di noi perbenisti filistei, poi sappiamo come va a finire. Come Alberto Sordi in “Un borghese piccolo piccolo” o come la folla scamiciata e rivoltante che ha sbranato Enzo Tortora - e anche lì era tutto uno sbraitare “la pacchia è finita!”, “ai lavori forzati!!”, “schiaffatelo in galera e buttate le chiavi!!!” - e poi si è visto com’erano le cose. E quindi, pure con i due americani, che al momento non sono stati né processati né condannati, sarebbe opportuno farsi consigliare dalla saggezza e dalla decenza. E per fortuna che sono ricchi e bianchi, che se fossero stati putacaso negri e morti di fame la specola popolare avrebbe già predisposto, senza processo, una serie di trattamenti alla carta: immersi nella pece e riempiti di piume come nei fumetti di “Lucky Luke”, impalati sulle picche al modo dei turchi, garrotati secondo l’antica arte delle segrete medievali, sezionati sullo stile del Canaro della Magliana, seppelliti con la testa sottoterra e i piedi fuori come gli eretici di “Brancaleone alle crociate”, sottoposti a qualche sapida seduta di “waterboarding” o, per concludere con una citazione colta, crocefissi in sala mensa.
Forza, dai, facciamoci riconoscere, noi eroici leoni da tastiera, sempre così manettari con gli altri e sempre così garantisti con noi stessi. Se questa è la destra, se questa è la sinistra e, soprattutto, se questo siamo noi - e noi siamo questa roba qui - allora diamo il via all’assalto ai forni e godiamoci il trionfo definitivo della canaglia.
@DiegoMinonzio
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