Ora Tutta la città
deve tifare Como

Oye Como va? Bene, diremmo. Molto bene. Con Santana in sottofondo, poi, ancora meglio. Il Como è in testa, viva il Como. E non è solo una mero discorso sportivo. Ma anche una questione di orgoglio. Che Como – la città – deve comprendere e non farsi scappar via, giusto sul più bello.

Partiamo dallo sport, che forse è un po’ più facile. Non ci fossero in ballo investimenti e asprirazioni. Di una società giovane e dinamica. E pure parecchio ambiziosa. Quando tutto cominciò, quando cioè Pietro Porro e i suoi soci riportarono nel capoluogo la proprietà della società di calcio, l’obiettivo, nemmeno troppo nascosto, era quello di crescere. Assestarsi un paio d’anni in serie C e poi tentare la scalata alla B e a piani alti del calcio, peraltro discretamente consoni alla tradizione e alla storia di questo club.

Dunque, senza bisogno della calcolatrice, diremmo che – suppergiù – ci siamo. L’ora potrebbe essere quella buona. E non solo per via di quella prima posizione in solitaria in Lega Pro che, alla giornata numero undici, qualcosa vorrà pur dire. Nel frattempo, infatti, la società Calcio Como si è data un assetto importante, mettendo gli uomini giusti al posto giusto, anche dietro le scrivanie, e puntando su figure importanti persino nel lavoro di reclutamento. Spingendo, e non poco, l’acceleratore anche sul vivaio, affiancando ai già collaudati responsabili Silvano Fontolan e Roberto Galia autentici miti come Giancarlo Centi e Angelo Massola, con il dichiarato intento di dare tanto a questo settore giovanile.

E adesso sì, la questione è seria. Molto seria. Cercando di non fare mai il passo più lungo della gamba e stringendo accordi importanti con club di serie A e B è stata allestita una squadra competitiva. Perfetto mix tra gioventù ed esperienza. Un gruppo che il tecnico Giovanni Colella sta plasmando, usando il mastice del buon senso e cercando di non farsi mai prendere la mano. Centellinando le forze e alternando gli elementi. Facilitato, è vero, da due cose: una è che la rosa è davvero competitiva, l’altra è legata ai risultati che – positivi come sono – aiutano sempre, anche a digerire una panchina imprevista, fosse il caso.

Ma il mister è uomo tutto d’un pezzo e, senza guardare in faccia a nessuno, ha sempre cercato – in totalissima buona fede – di fare il meglio per sé e per la squadra. Riuscendoci, alla faccia – non nascondiamocelo – anche di qualche mugugno dei tifosi, che non sempre ne hanno condiviso le scelte o approvato il modulo. Lui va avanti, a testa alta. E il Como vola.

Per farlo, però, c’è bisogno di una spinta anche dal basso. Che vada oltre, magari, a quei milleseicento spettatori che domenica erano sugli spalti del Sinigaglia ad assistere alla scorpacciata contro il malcapitato Pordenone. C’è bisogno, infatti, di un’intera città, che colga l’attimo. E di una amministrazione – ce ne siamo accorti anche di recente – che mai è stata lontana dal club. Ma per programmare, ci vogliono certezze. Di idee e progetti.

Un po’ come accaduto a Orsenigo, il quartier generale rivoltato come un calzino e tornato vero e proprio ombelico dell’attività sportiva e di quello che ci sta attorno.

Ecco perché un’altra delle scommesse da non perdere è quella della struttura, intesa come stadio. Sia che si tratti di sistemazione dell’attuale impianto, sia che si pensi di poterne costruire un altro. E quanto sia importante avere una casa sicura, senza andare lontano, ce lo insegna, ad esempio, la Pallacanestro Cantù, con la vergogna del palazzetto mai costruito.

Farsi trovare pronti, allora: deve essere questa la parola d’ordine. Perché, come spesso accade nello sport e nella vita, si vince tutti assieme, facendo squadra e non mandando allo sbaraglio singoli coraggiosi.

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