A Torino nei giorni scorsi c'è stata un'adunata record degli alpini. Non è una novità che i raduni degli alpini siano frequentatissimi, però leggendo le cronache di quello che è successo questa volta e vedendo le immagini trasmesse dalle televisioni, si è colta una voglia di partecipazione superiore al solito. Tra l'altro a partecipare in massa sono stati anche i cittadini, affiancatisi con gioia a questo straordinario mondo delle penne nere. E' bastato questo weekend piemontese per chiudere ogni discorso sul senso di appartenenza all'Italia e sul significato che il concetto di patria continua ad avere. Mi meraviglia che nessun candidato, durante la campagna elettorale per le amministrative, si sia preso la briga di sottolineare questa semplice verità.
Gino Canali
Gli alpini rappresentano l'Italia migliore, e forse questo è avvertito come un imbarazzo da alcuni che ci stanno rintronando di spot elettorali e rappresentano un'Italia assai diversa da quella migliore. Gli alpini sono gente cristallina e leale. Sono persone perbene. Possiedono, diffondono e praticano lo spirito di sacrificio. Danno sostanza all'idea di solidarietà: quando la situazione precipita, loro rispondono sempre all'appello. Si danno da fare, dimostrano con i fatti che cos'è il senso del dovere e in che modo obbedirvi. Gli alpini sono generosamente patriottici, ma non scioccamente nazionalisti. Vengono rispettati, a differenza d'altri italiani, anche all'estero: lo furono quando ci trascinarono a vincere la prima guerra mondiale, lo sono stati anche quando perdemmo la seconda. Venne reso onore al loro coraggio: battuti, ma non umiliati. Gli alpini sono un mito, e non a caso numerosi scrittori lo hanno celebrato. Sono fra l'altro un mito speciale a proposito del servizio che il mito può rendere alla realtà. Riescono infatti a difendere la tradizione senza rinunciare al progresso, sposano il passato al presente, guardano al futuro secondo una prospettiva più moderna dei modernisti, arrivarono alla globalizzazione prima che si sapesse che cosa globalizzazione volesse dire. Ci arrivarono, come inconsapevolmente ricordò nel “Sergente nella neve” Mario Rigoni Stern, quando combattevano per le ragioni d'un mondo migliore, per l'affermarsi d'una grande patria sovranazionale fondata sulla libertà e la democrazia. E però non dimenticavano che ad aspettarli c'era il “ritorno a baita”, cioè le radici, cioè il localismo, cioè quella piccola patria senza la quale non potrebbe esistere l'altra. Bisognerebbe parlare un po' più spesso degli alpini, e soprattutto seguirne un po' più spesso l'esempio.
Max Lodi
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