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Lunedì 02 Febbraio 2009
Pediatria, animali e clown nelle giornate dei pazienti
Giochi, cani e scuola per aiutare i bimbi ricoverati al Sant'Anna
Senso di sradicamento, paura di un ambiente sconosciuto, preoccupazione per la malattia, dolore inespresso sono solo alcuni dei sentimenti che affliggono i bambini costretti a una degenza ospedaliera più o meno duratura. I segni della sofferenza psicologica spesso non vengono verbalizzati dai bambini che scelgono altri canali di comunicazione, come ben rappresenta la raccolta di disegni di piccoli pazienti oncologici dal titolo "Sono malato, dammi un foglio grande!".
Medici, infermieri e operatori dell’Unità Operativa di Pediatria dell’ospedale Sant’Anna ben conoscono la quotidianità e le difficoltà che devono affrontare i pazienti da 0 a 17 anni e, per aiutarli, hanno organizzato, oltre all’attività scolastica d’infanzia e primaria, una serie di intrattenimenti che promuovono la confidenza con la struttura ospedaliera e l’amicizia con gli altri bambini.
<+G_TITOLINI>vincere la paura
<+G_TONDO>«Il nostro obiettivo è che il bambino vinca la paura, si senta rassicurato e, soprattutto, che non si senta solo e abbandonato dai suoi affetti», spiega Riccardo Longhi, responsabile del reparto. Gli appuntamenti sono davvero numerosi e i bambini, superate le prime ritrosie, fanno a gara per essere parte di uno spettacolo che inizia con la clownterapia affidata ai "Dottor Sorriso" della Fondazione Garavaglia. La presenza dei clown, con i loro giochi e scherzetti, crea una magia che accompagna il bambino nel suo ricovero con il semplice e difficile compito di strappargli un sorriso, inducendolo, così, a evadere dalla tristezza e dalla depressione che la degenza comporta.
Per aiutare i piccoli pazienti a esprimere le proprie ansie e a superare sofferenza fisica e paura, vengono in aiuto colori e disegni con l’arteterapia, curata da Caroline van der Scheer. «Attraverso questa esperienza, i bambini imparano a lasciar emergere le emozioni, cosa che magari non riescono a fare con noi medici o con i genitori, perché troppo spaventati o troppo orgogliosi, soprattutto se adolescenti» sottolinea lo specialista.
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