Questo è il testo di una canzone di Franco Battiato, scritta e pubblicata nel 1991. L'anno dopo, nel 1992, l'Italia affonda.
«Povera patria! Schiacciata dagli abusi del potere di gente infame, che non sa cos'è il pudore, si credono potenti e gli va bene quello che fanno; e tutto gli appartiene. Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni! Questo paese è devastato dal dolore... ma non vi danno un po' di dispiacere quei corpi in terra senza più calore? Non cambierà, non cambierà no cambierà, forse cambierà. Ma come scusare le iene negli stadi e quelle dei giornali? Nel fango affonda lo stivale dei maiali. Me ne vergogno un poco, e mi fa male vedere un uomo come un animale. Non cambierà, non cambierà si che cambierà, vedrai che cambierà. Si può sperare che il mondo torni a quote più normali che possa contemplare il cielo e i fiori, che non si parli più di dittature se avremo ancora un po' da vivere... La primavera intanto tarda ad arrivare…». Un piccolo struggente canto di dolore. Una grande speranza. Pare scritta oggi. Che dire? Tanti auguri a tutti noi. «La primavera intanto...tarda ad arrivare».
Ninì Della Misericordia
Qualcuno ha scritto – le chiedo scusa, ma non ricordo più chi - che il vero esilio comincia non quando si lascia la patria, ma quando nel cuore non si coglie più la nostalgia della patria. Le parole di quella lontana e attualissima canzone di Battiato sono parole di rabbia e delusione, e però anche parole (nostalgiche parole) di fiducia e di speranza. Si cambierà, non si cambierà, si può cambiare? Si può cambiare. Pur se la primavera tarda ad arrivare, filtra la convinzione che la primavera prima o poi arriverà. La primavera d'un Paese (d'una patria) caduto in un lungo letargo invernale, dal quale è comunque atteso il risveglio. Perché in fondo siamo fatti così. Siamo vestiti del tabarro del pessimismo, e tuttavia convinti che svestircene sarà possibile, e mostrare l'abito dell'ottimismo ci sembrerà ancora più bello. Battiato è un poeta, e bisogna credere ai poeti. Credergli quando testimoniano il dolore, credergli quando denunziano la mediocrità, credergli quando affermano la certezza del riscatto dalla vergogna. I poeti sanno guardare più in là. Guardano dentro l'anima e scorgono ciò che ad altri è vietato di scorgere. Qualcosa di quello che scorgono lo rivelano, qualche altra no. Ma basta questo qualcosa a farci intuire che è meglio ascoltarli, i poeti, per non dover ascoltare e vedere un “peggio” superiore a quello dell'attualità. I poeti dovrebbero andare al governo: l'Italia girerebbe per il verso giusto.
Max Lodi
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