Cronaca / Como città
Mercoledì 19 Novembre 2014
Quasi un reality sulla ’ndrangheta
Il conferimento in presa diretta
Un reality sulla ’ndrangheta quello che i carabinieri del Ros di Milano,
hanno visto in due anni di indagini che hanno portato a sgominare tre ’Locali’,
nel Comasco e nel Lecchese
Un reality sulla ’ndrangheta quello che i carabinieri del Ros di Milano, hanno visto in due anni di indagini che hanno portato a sgominare tre ’Locali’, le strutture periferiche dell’associazione, nel Comasco e nel Lecchese. Un reality perché nella prima volta nella storia della lotta alla criminalità gli uomini del tenente colonnello Giovanni Sozzo, già al Ros di Palermo dove si occupò dei “pizzini” di Bernardo Provenzano e poi proprio di ’ndrangheta a Catanzaro, hanno avuto modo di ascoltare e vedere in presa diretta la cerimonia di conferimento della dote (grado) della Santa che segna un nuovo percorso criminale per chi ne viene investito. E’ accaduto in una delle “mangiate”, come si chiamavano le riunioni operative e per assegnare le Doti.
«L’osservazione fornisce due indicazioni - annotano gli investigatori - per la cerimonia in questione sono sufficienti cinque persone” le quali “possiedono almeno il grado della “Santa’” e il cerimoniale prevede l’utilizzo di diversi oggetti: una pistola, “un ago” o “un coltello” e “un fazzoletto”. I “santisti”, in un terreno di uno di loro a Castello di Brianza (Lecco), entrano in un capanno e ha inizio “la fase liturgica: la formazione della Società e il conferimento della “Santa”. Antonino Mercuri, detto Pizzicaferro “utilizzando il classico saluto ’ndranghetista (”buon vespero”), con tono ieratico, si rivolge agli altri affiliati presenti (”santa sera ai santisti”), dichiarando esplicitamente la loro appartenenza alla società maggiore”. Una volta formata la “santa catena”, che comporta la disposizione dei partecipanti nella posizione a circolo - annotano i Ros - Mercuri procede alla formazione della “santa società”, “nel nome di Garibaldi, Mazzini e La Marmora, con parole di uomo e di umiltà, formo la santa società!”. Solo allora entra il designato, Giovanni Buttà e giura. “Garibaldi capo Locale, Mazzini a rappresentare il contabile e La Marmora come rinvio alla carica di 236 mastro di giornata”, è la spiegazione.
Una volta tale,il santista gode di grande autodeterminazione: nel bene e nel male. Si assegnerà da solo la propria punizione in caso di “grave trascuranza”. “Dovete essere voi a sapere che avete fatto la trascuranza - li catechizza il più autorevole -. Vi giudicate voi quale strada dovete seguire. Quanti colpi ha in canna, ne dovete riservare sempre uno!”, Altrimenti c’e’ sempre “una pastiglia di cianuro” oppure “vi buttate dalla montagna”. Non solo, la qualità di Santista impone, per una logica di assoluta compartimentazione e per via di questa sue nuova vita criminale, di “rinnegare tutto fino alla settima generazione tutta la società criminale da me, fino a oggi, riconosciuta per salvaguardare l’onore e le cose dei miei saggi fratelli”. Fratelli con cui, impone il giuramento “dividere tutto, anche il sangue, centesimo per centesimo, millesimo per millesimo, come è da oggi riconosciuto da tutti, come prescrivono le regole sociali”.
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