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Lunedì 20 Luglio 2009
Quello strepitoso 1959
dei "giganti" del jazz
Nello stesso anno John Coltrane usciva con “Giant steps”, Ornette Coleman con “The shape of jazz to come”, Miles Davis con “Kind of blue” e “Sketches of Spain”, Dave Brubeck con “Time out” e Charles Mingus con “Ah um!”
Eppure è vero, tutti questi album meravigliosi sono usciti quasi in contemporanea, cinquant’anni fa, con la sola eccezione del disco “iberico” di Miles che è stato ultimato e pubblicato nel 1960 ma la sostanza non cambia. Se n’è accorta la Columbia (oggi Sony BMG) che detiene i master di alcuni di questi capolavori e ha ben pensato di restaurarle con dovizia di bonus e approfondimenti. Quindi “Mingus ah um!” si arricchisce delle registrazioni, pressoché gemelle, di “Mingus dynasty” e di qualche prova di studio, “Time out” del quartetto di Brubeck raddoppia con un live d’epoca e triplica con un dvd dove lo stesso pianista spiega come decise di frantumare i ritmi convenzionali per dare vita ad alcune delle più fortunate composizioni di tutta la storia del jazz come “Blue rondo a la turk” e la celeberrima “Take five” dell’amico sassofonista Paul Desmond. Dopo avere reso doveroso omaggio a “Kind of blue” anticipandone di qualche mese la lussuosa ristampa, “Sketches of Spain” continua a brillare come la gemma più splendida delle incisioni di Davis con l’orchestra di Gil Evans (le altre sono “Miles ahead”, “Porgy & Bess”, sublimi, e il trascurabile “Quiet nights”). Ma c’è anche un lutto, un vuoto incolmabile da ricordare in quel 1959. Il 17 luglio moriva al Metropolitan Hospital di New York una donna di 44 anni registrata all’anagrafe come Eleanora Fagan, chiamata dagli amici “Lady Day”, per tutti solo Billie Holiday, “la” voce del jazz. Il suo cuore aveva ceduto, il suo corpo era debilitato dagli stupefacenti consumati con tale voluttà che, al momento del trapasso, era circondata non dall’affetto dei suoi cari, che le era mancato per tutta la breve vita, ma dagli ufficiali di polizia che avevano l’incarico di piantonarla visto che era stata arrestata durante il ricovero. Non va ricordata così. È stato ristampato in serie economica il box di dieci cd “The complete Billie Holiday” on Columbia che va dal 1933 delle prime acerbe incisioni a quelle già mature del 1944.
La Disconforme ha raccolto in due cd i brani registrati per la Concord (tra cui spicca l’immortale “Strange fruit”) e per completare la discografia c’è un altro doppio con brani incisi per la Decca e almeno due diversi cofanetti per la Verve (uno con i “master” pubblicati, l’altro con anche tutte le “alternate takes”). A parte l’immancabile “Lady in satin”, ultimo tocco di classe di una diva già sul viale del tramonto che sembra soffrire ogni singolo respiro. Le pretendenti al titolo di “Queen of jazz” rimasto vacante non si fecero attendere. Nel 1959 uscirono anche “Yes indeed” di Dinah Shore, “George e Ira Gershwin songbook” di Ella Fitzgerald e “What a difference a day makes” di Dinah Washington, autentiche perle prive, però, di quell’unicità che rendeva irraggiungibile Lady Day.
Alessio Brunialti
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