Cara provincia
Giovedì 07 Maggio 2009
Referendum, dal danno alla beffa?
Sinora s’è discusso molto di date e poco di contenuti della materia su cui dovremo decidere
Se fossi al posto di Bossi e della Lega mi preoccuperei molto della dichiarazione di Silvio Berlusconi favorevole a votare sì nel referendum elettorale del 21 giugno. Non credo che ci siano così scarse possibilità di superare il quorum e di dare via libera a una legge che penalizzerà un alleato di governo del premier che mi è sembrato sino ad oggi leale nel sostenerlo. Dicendo di sì Berlusconi e dicendolo anche Fini, e aggiungendo ai due il Pd e il movimento dei referendari, la mobilitazione può essere significativa. Non importa nulla a chi non simpatizza per la Lega che passi il referendum? Fino a un certo punto, perché è tutto da dimostrare che una svolta maggioritaria giovi al Paese. In fondo la deprecata legge Calderoli ha ridotto di gran numero i partiti presenti in Parlamento, ciò che era considerato un problema al suo funzionamento.
Carlo Neri
La sua lettera, caro amico, permette di dir due cose forse non irrilevanti a proposito del merito della consultazione referendaria. Sinora infatti s’è discusso molto di date e poco di contenuti della materia su cui dovremo decidere. La novità che si vuole introdurre è lo spostamento del premio di maggioranza dalla coalizione vincente alla lista che raccoglie il maggior numero di voti. Il partito più forte, oggi individuabile nel Pdl, otterrà il 55 per cento dei seggi parlamentari e questo gli consentirà di varare leggi ed effettuare nomine istituzionali senza bisogno d’alcuna alleanza. Con l’apporto d’un minimo sostegno che elevi ai due terzi dell’assemblea la maggioranza disponibile, potrà inoltre modificare la Costituzione in ogni sua parte. Resta sottinteso che chi non supera nelle urne il 4 per cento rimane fuori dalle assemblee legislative. Ma restano sottintese anche conseguenze importanti: i cittadini continueranno a non poter esercitare il diritto di scegliere i candidati, che verranno individuati dai partiti e inseriti in liste bloccate; il numero dei parlamentari rimarrà quello attuale e non subiranno modifiche le competenze di Camera e Senato; infine - come ha sottolineato Stefano Passigli, studioso e politico di lungo - persisterà il rischio che si «…produca una diversa maggioranza politica nelle due Camere, con conseguente paralisi dell’azione di governo».
Queste sono le ragioni che inducono alcuni a ritenere nient’affatto producente un eventuale successo del referendum e ad auspicare invece una modifica dell’attuale legge elettorale attraverso il normale iter parlamentare. Per evitare che da un odierno, supposto danno, si passi a una futura e ancor più dannosa beffa.
Max Lodi
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