Sport / Como città
Venerdì 25 Ottobre 2013
Rugby Como, piccoli è bello
Incredibile esplosione del settore giovanile: «Impensabile solo qualche anno fa». La famiglia “Centoventi”, “Sessanta” e “Trenta”: sono due generazioni in campo
“Centoventi” tiene le mani in tasca e fissa suo figlio che tenta un placcaggio sulla terra del campo del Belvedere di Camerlata. Lo chiamano così per colpa di qualche chilo di troppo, gli stessi che hanno consentito di ribattezzare “Sessanta” suo figlio Matteo, che gioca nell’under 10. Ci sarebbe anche “Trenta”, il secondogenito, ma bisogna poi fare attenzione perché sul punto, mamma é abbastanza suscettibile: «Ventisette - precisa - Non trenta, ventisette».
Centoventi e la sua piccola stirpe (al secolo Francesco, Davide e Matteo Tilelli) sono ormai una delle bandiere del Rugby Como, una delle realtà sportive in assoluto più singolari del panorama di casa nostra. Non solo perché Como non è Rovigo e in questo angolo d’Italia a girare più spesso è la palla rotonda, ma anche e soprattutto perché, in poco più di otto anni, uno sparuto manipolo di appassionati ha saputo dare corpo a un sogno sul quale nessuno avrebbe scommesso un nichelino.
Domenica scorsa, al campo di Muggiò, il Rugby Como ha organizzato un torneo - secondo una formula che prevede mini gironi all’italiana che consentono ai bimbi di confrontarsi con più squadre avversarie nell’arco di un’unica giornata - invitando le società rugbistiche di Seregno, Lecco, Delebio. E anche se non si è trattato del primo “concentramento” (da qualche anno se ne organizzano con una certa regolarità), lo spettacolo è sempre di quelli che rinfrancano, in un paese semi assuefatto ai fallimenti, ai progetti irrealizzati, ai sogni infranti, al dilettantismo arruffone.
Nell’under 10 - che alla fine si aggiudicherá il torneo grazie a una vittoria tiratissima contro i pari età del Lecco - quest’anno il pallone inizia a correre un po’ più velocemente. I bimbi ci credono. Con “Sessanta”, agli ordini dei coach Riccardo Plenzick e Stefano Buraschi, ci sono Manuel, che a gran falcate cerca sempre la linea di meta, Christian, forse il miglior realizzatore, Alberto, il “senatore” del gruppo, Marco, che va veloce, e Giacomino, che se non sai dov’è cerca una mischia e lo troverai... Dall’altra parte del campo ci sono i piccoli della otto, Lorenzo, Emanuele, Bazooka... Quest’anno mancano un po’ di peso ma Matteo Parravicini, che li allena con Chiara Corti, dice che va bene così, e che i ragazzi si faranno.
In tutto, per il Rugby Como, dalla prima squadra - che gioca la serie C regionale - ai minuscoli “cinghialotti” dell’Under 6, sono tesserati circa duecento atleti, molti più di tante società calcistiche.
Scuote la testa Giacomo Bagnasco, uno dei “padri” fondatori del club: «A volte mi guardo attorno e stento a credere che soltanto fino a pochi anni fa tentavo di convincere i presidi delle scuole di Como a fare un po’ di avviamento a questo sport. Oggi siamo veramente tanti».
Non è soltanto una questione di giocatori tesserati. È quello che c´è tutto attorno. I papà, le mamme. Come Roberto Fadigati, per esempio, uno dei tanti genitori per i quali il rugby è diventato un secondo lavoro (non retribuito, ovviamente). Impreca, organizza, carica e scarica furgoni, “segna” il campo, sveste e riveste bambini che si rotolano nel fango, mentre il direttore sportivo Michele Cerbo traffica tra panini e salsicce, ché anche l’approvvigionamento, da queste parti, è sport.
Si gioca, qualcuno chiede se i giganti della prima squadra riusciranno a entrare nelle prime quattro del loro girone di serie C, ma in realtà al centro del progetto sportivo, tecnico ed educativo di questi “malati” della palla ovale - dal presidente Davide Vigliotti al suo vice Francesco Cima Vivarelli, fino ad Angelo Riviezzi, coordinatore dei coach - ci sono loro, i bambini.
Perché scrisse un giorno il romanziere Kleber Haedens che «tutto ciò che la vita chiede a un uomo si trova in una squadra di rugby». E i piccoli atleti del Belvedere lo stanno imparando.
Stefano Ferrari
© RIPRODUZIONE RISERVATA