Pare stia prendendo molto piede, credo per ora negli Usa, il life-tracking (conta vita): attraverso gadget elettronici, siti web appositi o delle applicazioni sul cellulare è possibile monitorare/conteggiare ogni aspetto della nostra vita, dalle calorie consumate o ingerite al come si passa il tempo quando si è al computer. Trovo questa tendenza terrificante. Forse è banalmente il nostro desiderio di controllo, che si perde nella notte dei tempi: parte dalla credenza in divinità ancestrali che decidevano per noi o almeno si credeva che così fosse, fino ad arrivare all'era teconologica nella quale lo spazio per la fede e ciò che è altro da noi sembra restringersi sempre di più, per lasciare il posto al nostro desiderio di controllo, fine a se stesso. Vedo in questo tanti rischi! Per cercare di contenere lo stress, dovuto alle migliaia di informazioni che ci bombardano ed evolvono continuamente ci affidiamo a strumenti tecnologici che scandiscono ancora di più tempi e impegni imbrigliandoci in caselline che ci stressano e ci fanno sentire il nostro spazio vitale come ulteriormente limitato. Ricerchiamo l'essenza, la capacità di lasciarci andare al flusso della vita e al nostro essere parte di una energia collettiva, sforziamoci di avvicinarci alle filosofie orientali che "sanno" da sempre il vivere, abbandonandosi al flusso della vita e, torniamo, ove possibile, banalmente soltanto ad essere.
Ilaria Mascetti
Non per imbandire la tavola (la pagina) all'insegna della retorica natalizia, però mi verrebbe da dire che dovremmo rinascere. Riposizionare la serie, ormai largamente scombinata, dei valori essenziali da osservare (da praticare davvero, non da elencare e basta). Dovremmo rifiutare per esempio l'idea che l'uomo è per la tecnologia, affermando (perseguendo) il contrario. Dovremmo, appunto. Ma non sarà così. Il presepe della quotidianità, quella assai lontana dall'immagine oleografica di comete pastori e zampogne, s'arricchisce regolarmente d'una coreografia di uomini e donne che corrono la vita invece di camminarla. Un'insensatezza assolutamente realistica, perché solo una retroguardia di minoranza riesce ad opporsi a un'avanguardia maggioritaria che disconosce il passato, affida tutto al presente, ha un concetto poco chiaro del futuro. Il futuro è qualcosa che ciascuno raggiunge alla velocità di sessanta miunuti all'ora, qualunque cosa faccia, chiunque egli sia. Lo cantava Gaber, rivolgendosi a tutti quelli che cantano e che portano la loro croce (chi non ne porta una?): meglio andar piano per non farsi più male di quello che già ci si fa.
Max Lodi
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