Difficile trovare qualcuno che non sia d’accordo con la tesi che lo sviluppo del turismo rappresenti l’unica vera grande novità che ha interessato Como negli ultimi anni. Si è, di solito, tutti talmente d’accordo che quando capita di affrontare questo tema i dibattiti si trasformano in un coro che celebra, all’unisono, la bellezza del lago accanto alla sorpresa per non averci pensato prima, per non avere investito di più nel passato in un settore dove, soprattutto a sentire i turisti, abbiamo tutte le carte in regola per diventare, e forse senza saperlo già lo siamo, tra i primi della classe.
In un contesto del genere appare perciò come un vero e proprio autogol la decisione, assunta dall’amministrazione comunale, di chiudere musei e Villa Olmo proprio in occasione di un ponte che, non era difficile prevederlo, si sarebbe rivelato uno dei più frequentati dell’anno. Ieri sul lungolago sembrava primavera a considerare il numero delle persone a passeggio. Lunghe code agli imbarchi dei battelli e alla stazione della funicolare. Tavolini affollati. Insomma, folla ovunque ma luoghi della cultura chiusi.
Nel caso di Villa Olmo la scelta è stata doppiamente sbagliata perché i tre giorni alle spalle erano quelli in cui Villa del Grumello ha festeggiato la chiusura della stagione del Chilometro della Conoscenza. Era così azzardato pensare che una quota del pubblico che ha gravitato nella zona potesse cogliere l’occasione per scoprire la Sala del Duca ancora sconosciuta alla stragrande maggioranza dei comaschi?
Certo, non si è così ingenui da immaginare che ci sarebbero state frotte di gitanti in coda per il museo archeologico o la pinacoteca ma la circostanza è di relativa importanza. Città d’arte e capitali di cultura non si diventa per decreto ma per l’offerta – il mercato – che si è in grado di sviluppare. Tenere la porta chiusa è un po’ come alzare bandiera bianca, arrendersi di fronte a una realtà che non si ha più l’ambizione di cambiare. È stata, ha chiarito l’assessore, una scelta forzata. Quale inderogabile obbligo ha imposto di sbarrare tutto? Questioni organizzative legate al personale, in assenza del budget necessario per pagare gli straordinari il Comune non si è messo nemmeno a trattare e ha lasciato i dipendenti a casa. Si poteva fare diversamente? Difficile credere che, affrontando la questione con un certo anticipo, non si sarebbe potuto trovare una soluzione diversa magari coinvolgendo gli studenti universitari o i volontari delle associazioni culturali.
Peccato, un’occasione – non la prima – sprecata. E dire che, quasi a far da contraltare a scelte tanto sciagurate, questo è un periodo di grande vivacità culturale. Giusto per stare a prossimi giorni vale la pena citare tre grandi eventi. Il Lighting Design Festival, realizzato peraltro anche grazie a un importante contributo del Comune che ha attinto dagli introiti della tassa di soggiorno, la giornata di Waves & Vibes dell’Accademia Galli e il tradizionale appuntamento con Ted al Sociale. Como su questo terreno sta, nonostante tutto, facendo grandi passi in avanti. Ma proprio perché l’offerta è ora per l’intero anno di alto livello, certe cadute rischiano di fare particolarmente male.
© RIPRODUZIONE RISERVATA