C’è più di mezza città che ha scelto di guardare da un’altra parte, come se la scelta del nuovo sindaco di Lecco non fosse affar suo. Ha vinto Virginio Brivio e in definitiva si tratta di un finale scontato, con un centrodestra diviso al primo turno, dopo anni di ripicche e veleni incrociati. Ma è una vittoria dimezzata. Mai, nella storia di questa città, si era registrata una tale diserzione dalle urne, con quel 47.72 di affluenza che hai voglia a spiegare che è il nuovo che avanza, che negli States e in altre grandi democrazie occidentali va così da un pezzo. Lecco non è Los Angeles, qui appena cinque anni fa la percentuale era del 73,2%. Una città di solida tradizione democratica, di grande partecipazione popolare, una città e un provincia dove, per esempio, ci sono quasi 90mila iscritti ai sindacati, praticamente un abitante su tre. E che però non vota più per il suo Comune.
Qualcosa si è rotto, come andiamo denunciando da tempo. La delusione non è solo nei confronti della politica-spettacolo, quella da talk show dei Renzi e dei Salvini. Qui è venuta meno anche la fiducia nel tuo sindaco. Quello che deve pensare a garantire strade decenti e asili-nido funzionali. Quello che magari è stato il tuo compagno di scuola o è il tuo vicino di casa. Il “sono tutti uguali” da bancone del bar all’aperitivo è diventato maggioranza nelle urne. Se la passione per la politica come strumento per cambiare il mondo è passata da un pezzo, adesso sembra spenta anche la speranza che possa riparare le buche nell’asfalto o mettere a posto il Bione.
Girando ieri per i seggi si vedevano soprattutto elettori di mezza età, quando non anziani. Come se il disincanto e la delusione segnino anche un confine generazionale. Sensazioni da verificare, non cifre nero su bianco. Ma il segnale è chiaro: mai come questa volta i ragazzi hanno voltato le spalle al Comune.
Questo è il primo compito che tocca al nuovo sindaco. Riguadagnare la fiducia di chi ha venti o trent’anni e si è convinto che il futuro è altrove, a duemila o a diecimila chilometri di distanza. Nella città che ha appena inaugurato il campus, che ha un Politecnico con centinaia di ragazzi da mezzo mondo, i giovani lecchesi scappano e non solo dalle urne. Non tutti, certo, e ci mancherebbe pure. Ma tanti, troppi. Perché non ci si può ricordare di loro solo nelle settimane di campagna elettorale e poi tornare a rinchiudersi a Palazzo. Qui non funziona nemmeno il wi-fi in piazza: si viveva bene anche senza, direte voi, siamo diventati grandi lo stesso. Vero. Ma spiegatelo a un quindicenne che vive connesso.
Ha vinto Virginio Brivio dopo cinque anni color fumo di Londra. Spiega di avere seminato molto, di ritrovarsi un Comune con i conti a posto e solide fondamenta. Adesso lo aspettiamo al varco, a partire dalla scelta della squadra. Né lui né Alberto Negrini hanno voluto presentare in campagna elettorale le donne e gli uomini destinati ad affiancarli come assessori. Sarebbe stato un atto coraggioso e una dichiarazione di indipendenza dai partiti che li hanno sostenuti e dalle alchimie della politica: sono il sindaco, scelgo che persone che ritengo migliori. Non l’hanno fatto, a parte due o tre nomi e non è stato un bel segnale. Adesso a Brivio tocca il bis e non ha scusanti: indossi i panni del commissario tecnico e scelga i migliori talenti per la Nazionale lecchese. I campioni, non le mezze tacche sponsorizzate dal club più forte. Se saprà farlo, potrà davvero cambiare marcia. Lecco ne ha bisogno.
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