Senza un’idea
la casa è vuota

Si torna a discutere del futuro della Casa del fascio, uno dei temi sui quali in questi ultimi anni, in città, si è speso più inchiostro, discettando di ipotesi le più disparate, senza mai arrivare a una conclusione.

In questi giorni il ministero ha gelato le aspettative del Comune e di quanti, con l’amministrazione, andavano vagheggiando dell’ennesima opzione, quella di istituirvi un centro di documentazione e ricerca sulla storia del Razionalismo, dopo aver - beninteso - messo alla porta la Guardia di finanza, che da quasi sessant’anni occupa stabilmente il palazzo, sede del comando provinciale, oltre che di un piccolo e fornito museo dedicato alla storia della Sesta legione.

Da Roma scrivono per farci sapere che la Casa del fascio va bene così com’è, e che i finanzieri continueranno a prendersene cura come hanno fatto in tutti questi anni, accudendo egregiamente spazi creati per tutt’altro.

In assenza totale di un progetto chiaro, al di là di dichiarazioni di intenti un po’ fumose, la risposta che arriva dal ministero rischia di suonare addirittura rassicurante. D’altra parte, se non sappiamo davvero che farcene, se non abbiamo un’idea nitida, un progetto e soprattutto i soldi necessari a realizzarlo, allora è francamente meglio che l’edificio resti in mano ai suoi attuali proprietari.

Senza puntare il dito contro nessuno, e concedendo a tutti le ampie attenuanti che derivano dai tempi grami in cui si consuma la vita nostra e delle nostre amministrazioni, la soluzione del mantenimento dello status quo è quella che fornisce le migliori garanzie di custodia e tutela di un’opera che, come sanno anche i muri, è celebre in tutto il mondo.

L’alternativa sarebbe quella di riservarle lo stesso destino di altre proprietà comunali, per le quali non c’è il becco d’un centesimo da spendere, a partire da Villa Olmo, che se sarà restituita a nuova vita sarà soltanto per merito della Fondazione Cariplo, cui il Comune è stato costretto a rivolgersi per poter ottenere i finanziamenti che serviranno al suo recupero.

In questo contesto di assoluta incertezza l’idea dell’amministrazione appare inevitabilmente un po’ velleitaria. Mentre a Lugano - in una nazione in cui la crisi non impedisce ancora ai comuni di crescere e progredire - ci si prepara a inaugurare un polo culturale avveniristico, Como nella migliore delle ipotesi rischierebbe un ennesimo buco nell’acqua, realizzando un centro di documentazione destinato a interessare giusto gli addetti ai lavori.

La Guardia di finanza, per la Casa del fascio, in questi anni ha fatto molto.

Se non altro perché il palazzo di Terragni, pur restando una caserma - in definitiva un edificio militare - è sempre rimasta aperta e fruibile, non soltanto da parte dei tanti turisti che vogliono visitarla, e che trovano la porta sempre spalancata, ma anche per la città, per i comaschi, che nel grande atrio al piano terra dell’edificio hanno avuto occasione di seguire ogni tipo di evento, di concerto, di spettacolo.

Ecco perché, una volta tanto, la soluzione che prospettano i funzionari del ministero resta la più auspicabile, almeno fintanto che a qualcuno non venga un’idea migliore, magari anche corredata delle risorse per poterla mettere in pratica. Un’idea che tenga conto dell’appeal dell’edificio e delle sue potenzialità turistiche e culturali.

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