Che per Mario Landriscina la formazione della giunta fosse un’Odissea lo si era già capito in campagna elettorale, quando l’allora candidato sindaco, di fronte al poker d’assi (Minghetti, Nessi, Monti e Marzorati) calato dal suo avversario, Maurizio Traglio, aveva tenuto le carte più che coperte. Il fatto che, a elezione avvenuta, trascorrano i giorni senza che dal camino di palazzo Cernezzi esca del fumo di colore bianco, può anche essere un aspetto positivo. Forse significa che il nuovo primo cittadino sta prendendo tempo perché vuole schierare una squadra all’altezza del sfide che attendono la sua amministrazione, pur tenendo nel conto le inevitabili richieste dei partiti che lo sostengono. Del resto, lo dimostra anche l’esperienza della giunta Lucini, un buon assessore, capace, competente e appassionato può fare la differenza.
Inutile fare nomi perché i cittadini hanno compreso e misurato benissimo l’operato dei componenti della precedente squadra di governo. C’è chi, magari, secondo i punti di vista, anche non nel bene, ha lasciato la propria impronta sulla città, chi ha commesso non pochi errori e chi è passato come l’acqua sui sassi. È noto anche che fare l’assessore oggi è un impegno né comodo né facile. In Comune ci sono problemi di risorse materiali e anche o soprattutto umane. Dovrà essere quello il punto da cui partire perché la macchina possa funzionare a un regime adeguato. Il viaggio Odissea Landriscina potrebbe perciò durare ancora un po’. Non importa. Quello che conta è l’approdo, in un porto sicuro e soprattutto pulito. Come in ogni Odissea che si rispetti non mancano gli inciampi, gli imprevisti, le difficoltà e le correnti avverse (politiche naturalmente). E soprattutto le sirene. Quanti canti stanno arrivando alle orecchie del sindaco di Como. Tutte voci, in apparenza, limpide e intonate. Ma con un sottofondo che allarma, che suona di vecchia politica, di un passato che non passa mai. Sirene come quelle di Ulisse a cui sembra impossibile resistere. Ebbene Landriscina dovrebbe avere la forza e il coraggio di farlo. Per il bene di Como. Se occorre disponga anche lui di essere legato a un palo per non cedere alle lusinghe, alle opportunità, al Cencelli, alla logica del meno peggio. La città ha diritto ad assessori specchiati, senza compromissioni con i fallimenti amministrativi del passato, senza amicizie o precedenti imbarazzanti. Di certo il sindaco è in grado di valutare tutti questi elementi, sempre se riuscirà a non farsi incantare dalle sirene. Il palo a cui legarsi può essere quello della prerogative che la legge assegna a ogni primo cittadino, tra cui c’è quella dell’esclusiva nella scelta della squadra. Si sa che c’è un partito della maggioranza, Forza Italia, in difficoltà. Ma non è pensabile che negli ambienti moderati comaschi non si possano trovare figure di rilievo e adeguate alla sfida. Sbagliare i collaboratori, in una situazione come quella in cui si trova palazzo Cernezzi, rischia di diventare un boomerang. Perché Itaca, declinato nel dialetto napoletano, può anche significare “andate a casa”.
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