Cio che il regime di Assad ha compiuto negli ultimi due anni in Siria è per usare le parole del Segretario di Stato Americano Kerry “moralmente osceno”.
Lo sapevamo da tempo ,senza dover aspettare l’attacco chimico sferrato il 21 agosto e senza bisogno delle prove di colpevolezza del regime che prima o poi ci auguriamo gli americani o gli ispettori Onu forniranno al mondo. Ci “bastavano” gli oltre 100mila morti , i due milioni di rifugiati( per meta’ bambini), la distruzione delle principali città del paese. Eppure,sino ad oggi,non si è fatto nulla per bloccare i massacri perché’ il realismo politico e” prevalso sull’indignazione delle coscienze.
Le argomentazioni portate a sostegno del non intervento sono state fondamentalmente tre
Innanzitutto, ci veniva detto, “la Siria non è la Libia”, ovvero le capacità militari del regime e in particolare le sue difese antimissile sono maggiormente in grado di resistere ad una aggressione esterna, rendendola più lunga,complessa e costosa(“un’operazione da pazzi”, secondo l’ex segretario alla Difesa Usa).
In secondo luogo si sottolineava il serio rischio di una escalation nella regione( e non solo). Attaccata,la Siria potrebbe colpire Israele (che reagirebbe immediatamente)e non è da escludere un intervento di Russia e Iran in difesa dello storico alleato
Infine,le ampie divisioni all’interno del fronte antagonista al regime ,con il crescente peso delle componenti estremistiche vicine ad Al Qaeda ,suggerivano di non spingere troppo per un cambio di regime dagli esiti incerti per i siriani (in particolare per le minoranze alwaite e cristiane ,probabili oggetti di pesante rappresaglie) ma anche per i vicini (Israele in primis)
Tre argomenti pesanti che per mesi hanno avuto facile presa sul poco belligerante Obama,ancor di più sull’ancor meno belligerante europa. A spingere per un’intervento era cosi soprattutto la Turchia,alle prese con l’emergenza rifugiati e, soprattutto, le monarchie del Golfo,piu’ interessate pero ad indebolire il fronte sciita che a promuovere la democrazia e i diritti umani
Oggi ,alla vigilia di un possibile attacco alla Siria,oltre ad esigere prove sulle responsabilità del governo nell’impiego di armi chimiche (auspicabilmente meno false di quelle fornite dagli americani all’Onu per attaccare l’Iraq)dobbiamo chiederci se è emerso qualche elemento nuovo rispetto alle passate ragioni del non intervento.
Davvero si crede-oggi- che pochi attacchi missilistici saranno risolutori?Che Assad non reagirà’ trascinando i la “coalizione dei volenterosi “ in un conflitto duraturo? Che la Russia incasserà l’affronto di un intervento che scavalca il suo potere di veto all’Onu?Che chi sostituirà il regime attuale saprà fare meglio dei nuovi governanti in Egitto,Libia e Tunisia nonostante due anni di guerra civile?
Non ci aspettiamo certo che i nuovi elementi emersi vengano resi pubblici: sappiamo bene che anche nell’era di Wikileaks la diplomazia richiede riservatezza, soprattutto in prossimità di un intervento militare. Per rassicurarci basterebbe sapere che vengono condivisi da Obama nelle decine di telefonate che sta facendo ai leader dei vari paesi per convincerli a prendere parte all’attacco,”senza” un mandato Onu e “prima” del verdetto degli ispettori sulle armi chimiche A giudicare dalla risposta negativa che ha già incassato da Italia e Germania non deve essere andata cosi...
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