«Sisme, il nostro
Natale di angoscia»

Resta il rischio di licenziamento per 223 lavoratori. Solo due settimane per trovare un nuovo accordo

Parlano i dipendenti: «Una festa di rinunce, senza viaggi, pensando sempre a cosa potrà accadere»

Natale d’angoscia e di rinunce per i lavoratori Sisme, su cui pende il rischio di 223 licenziamenti a gennaio su 494 occupati. Restano due settimane per tentare di trovare un accordo sulla prosecuzione nel 2014 dei contratti di solidarietà, per evitare gli annunciati tagli. Un pensiero fisso anche nei giorni di festa. «Non si è sentito il Natale quest’anno – ammette Luigi Vezzoli, dal 1998 in Sisme, dove lavora anche la moglie Sandra – Come si fa ad avere voglia di festeggiare quando non si sa se al rientro avremo ancora un posto?». Di solito trascorreva le festività natalizie alle Seychelles, paese d’originedella moglie. «Ne approfittavamo per fare visita ai suoi genitori - conferma Vezzoli - Quest’anno, a causa dei problemi di lavoro e le incertezze sul futuro, è partita solo lei, io sono rimasto a casa con mia madre. Non c’è la gioia della festa al pensiero che 223 persone e famiglie a gennaio perderanno lavoro, speranze e futuro. Non capisco perché, nonostante la possibilità di un altro anno di solidarietà, l’azienda non voglia utilizzarlo».

Persa la tranquillità

Anche il collega Giampaolo Maglione ha dovuto rinunciare al tradizionale Natale in famiglia: «Tutti gli anni andavamo a trovare i nostri genitori a Napoli, quest’anno non è stato possibile. La perdita di salario dovuta ai giorni di sciopero (entrambi i coniugi lavorano alla Sisme, ndr) e la doccia fredda della decisione dell’azienda di non fare l’accordo per un altro anno di solidarietà ci hanno tolto la tranquillità economica e mentale per partire. Abbiamo passato il Natale, da soli, con le nostre gemelline: ci sforziamo di farle stare serene, ma avvertono tensione e preoccupazione in casa». Un Natale ancora più povero degli ultimi cinque anni di ammortizzatori sociali: «Un Natale di rassegnazione – aggiunge Maglione – ma con l’orgoglio che si è fatto quello che si poteva per difendere il posto di lavoro».

Tutti i viaggi annullati

Ciro Cappiello, da buon napoletano, cita “È cosa ’e niente” di Eduardo De Filippo per dare l’idea del suo Natale tra preoccupazione e speranza. «Tutti gli anni per Natale, con mio fratello, scendevamo a San Giorgio a Cremano per festeggiare con nostra madre invalida, di 73 anni. Lei, prima di altri, ha capito la gravità della situazione e da novembre è venuta da me per sostenermi. Nei giorni del presidio permanente mi faceva trovare un pasto caldo, quando tornavo a casa per una breve pausa. A Natale ha cucinato i dolci della nostra tradizione, per stare insieme in serenità nonostante tutto». Cappiello sa di essere a rischio: «Non ho famiglia, non ho figli, non ho santi in Paradiso, non sono anziano, ho 37 anni. Sarà un problema se perderò il posto, con un mutuo da pagare».

Anche per Alessandro Costantino, una sorta di “capo popolo” nei giorni del presidio, è stato un Natale triste: «Si pensa sempre a quello che può succedere a gennaio. Tra i giorni di sciopero e l’incertezza sul futuro, è stato un Natale ancora più sobrio del solito. Regali solo ai bambini. Stare in famiglia in queste giornate di festa aiuta a rilassarsi un po’ ma, quando si chiudono gli occhi, il pensiero corre sempre a come finirà». n

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