Stadio: Como
impari dai suoi errori

Due coincidenze fanno un indizio, tre indizi una prova. Agatha Christie torna sempre comoda quando non si sa dove si andrà a parare o si teme di finire male.

I fatti: il presidente del Calcio Como, Pietro Porro incontra i responsabili dell’azienda tedesca Hellmich e incassa la disponibilità a investire 32 milioni per realizzare il “Como stadium”, il Sinigaglia modernizzato e adattato con i requisiti richiesti oggi per le strutture che ospitano eventi calcistici: parcheggi, negozi, merchandising e capienza da serie A, 18 mila posti.

Chiaro che più della squadra di mister Sabatini a fare gola è la zona in cui si trova l’impianto,. Un investimento sulla città, insomma, che consentirebbe di sistemare una volta per tutte l’intera area, togliendo i parcheggi e pedonalizzandola, in coerenza con la politica dell’Amministrazione Lucini che è infatti pronta ad accogliere i tedeschi a braccia aperte.

Tutto molto bello, direbbe Bruno Pizzul in una delle sue indimenticabili telecronache, non fosse per Agatha Christie e le sue benedette-maledette coincidenze. Perché già in altre due circostanze nella nostra città sono arrivate risorse importanti ma le cose non sono andate affatto lisce. Anzi, alla luce di questi precedenti, per paradosso, si dovrebbe addirittura chiedere a chi intende mettere dei soldi a Como di lasciarci in pace.

Il primo caso è quello dell’ex Ticosa. Qui davvero ci starebbe la penna di Agatha Christie per un giallo infinito con tanti colpevoli. Sembrava ci fosse l’happy handing quando Multi, grande e solida impresa internazionale, si offrì al Comune per acquisire l’area e costruire un quartiere. Si sa come è andata (o meglio non è andata)a finire.

Anche il secondo indizio è un indizione. Il cantiere atavico per la sistemazione del lungolago. Pure qui una carrettata di soldi, pubblici questa volta, diretti a Como. Un’altra azienda allora solida e con una grande reputazione, la Sacaim. Roba da addormentarsi tra due guanciali e svegliarsi con la passeggiata nuova bell’e fatta. Invece è diventato uno dei peggiori incubi della storia recente di Como. La colpa non è delle due imprese coinvolte. La Multi peraltro, nonostante le scottature e i forti cambiamenti (in peggio) del mercato immobiliare, sembra volerci provare ancora.

Ma questi due esempi ci fanno capire che il gatto nel sacco del mitico Trapattoni è sempre qualcosa da tenere presente.

Certo, lasciarsi scappare i tedeschi sarebbe una prestazione degna della Champions League dell’autolesionismo, ma prima di dare un colpo di piccone al vecchio Sinigaglia, sarebbe meglio far tesoro degli errori del passato.

Con la Ticosa si è preceduto alla demolizione con una fretta elettorale, dimenticandosi di un’altra gatta quella frettolosa che fa i micini ciechi. E l’ex tintostamperia è diventata un gattone molto difficile da pelare. Si sa che bisogna sempre capire cosa c’è sotto. La bonifica della Ticosa ce lo ha insegnato. E lo stadio appoggia i piedi sull’acqua e chissà su cos’altro. Se il cantiere partisse e poi venisse fuori un altro intervento di risanamento del sottosuolo da fare come è accaduto in via Grandi? Meglio chiarire prima o chi toccherebbe l’onere. Perché se si lavora nello stadio, il calcio Como deve andare a giocare da un’altra parte. Immaginiamo uno scenario stile lungolago con i lavori bloccati per anni da varianti in corso d’opera, costi che lievitano (mai successo per un’opera pubblica, eh) e pasticci assortiti. Per squadra e tifosi vorrebbe dire esilio continuo.

Certo non bisogna fasciarsi la testa prima di essersela rotta. Ma qualche volta sarebbe di fare in modo da evitare il rischio di ammaccarsela.

[email protected]

@angelini_f

© RIPRODUZIONE RISERVATA