Stadio senza tifo: un problema

Le frasi di Ambrosini hanno portato alla luce una situazione particolare che si è creata al Sinigaglia

Cesare Ambrosini ha fatto scalpore: c’è chi lo esalta e chi lo critica. Non per una prestazione, ma per le dichiarazioni rilasciate dopo la sconfitta contro il Mantova: «Non è una scusa, ma i tifosi non ci hanno aiutati, come succede da un po’ di tempo». E ancora: «Da quando alcuni tifosi non possono venire allo stadio per questioni giudiziarie, il clima al Sinigaglia è da trasferta. Molti dei veri tifosi sono rimasti fuori dallo stadio», riferendosi a chi è stato colpito da Daspo e a chi diserta per altri motivi. Ma c’è anche dell’altro, in quel silenzio irreale che rimbomba da tutti i settori dello stadio da qualche settimana. Tre sconfitte consecutive in casa hanno spento qualche entusiasmo. Le critiche a Colella non si sono mai sopite e fanno – a volte ironicamente, altre volte meno – corollario a ogni partita, vinta o persa. Ma uno stadio silenzioso, in cui ogni minimo urlo è facilmente distinguibile, ha una spiegazione. Che va ricercata essenzialmente nello sciopero del tifo annunciato un mese fa, in aperta polemica con la società. Uno sciopero a cui i tifosi e tutti i gruppi presenti allo stadio – non tutti con la stessa convinzione – si sono allineati. Una situazione che, di fatto, partorisce una curva senza striscioni e senza cori. «Capisco la delusione, perché tre partite perse in casa sono difficili da sopportare – dice Roberto Bolpato, presidente del Centro Coordinamento Como Club, sostanzialmente d’accordo con Ambrosini – ma credo che il tifoso allo stadio debba essenzialmente tifare. Altre questioni? Devono restare fuori. Poi, a fine partita, ci sta tutto: l’applauso, la critica, i fischi».

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